E' diventato uno dei romanzi più rappresentativi dell'ottocento. Frankenstein, spesso erroneamente identificato come il mostro, deve la sua forza, la sua importanza alla raffigurazione delle paura umane attraverso la creazione del "mostro", creatura che l'uomo non ha modo di comprendere.
Ginevra fine 700. Victor Frankenstein dopo la morte di sua madre decide di dedicarsi alla creazione di un essere perfetto, un essere che superi l'uomo in intelligenza e capacità fisiche. Il risultato dei suoi studi sarà un "demone" che il suo stesso creatore rinnegherà. Come stupirsi che sia malvagio colui al quale per nascita la felicità gli è negata? Il mostro è in realtà un eroe romantico, un Prometeo: la sua vicenda una passione tragica. Romanticamente il mostro vorrebbe la comunanza: vorrebbe appartenere a una comunità, essere comune. La sua eccezionalità gli pesa. La sua unicità è un danno. Gli rende impossibile la vita. E la bontà. Come può essere buono chi è solo al mondo, non ha un simile in cui specchiarsi e amarsi? Chi é abbandonato, rifiutato?
Non è di per se cattivo, chiede simpatia: se gliela mostrassero sarebbe buono. Ma perchè gli altri gli dimostrino amore, il mostro dovrà attendere che si dissolva la confusione tra bene e bello, che perciò condanna il brutto e cattivo a partire dall'alienazione dal mondo dei belli e dei buoni. Dovrebbe in altri termini educare i propri contemporanei ad aprire gli occhi fino a cogliere un'altra bellezza, che offende le proporzioni, che trasgredisce vecchie armonie: una bellezza inaspettata, nuova. Se così non accade, se il mostro non può che uccidere il suo creatore, è perchè nessuno vede la sua bellezza, nessuno crede alla sua bontà. E così l'amore si trasfigura in odio, la dedizione in aggressività, la gratitudine in invidia. L'unico abbraccio consentito tra lui e il suo creatore è quello della morte. Proprio alla fine quando il mostro si getta sul cadavere del suo creatore, svela il grande affetto che lo lega a chi gli ha dato la vita.
Anche a distanza di anni, Frankenstein, rimane uno dei più agghiaccianti romanzi gotici mai scritti. Può colpire un tono a volte scolastico, una certa tendenza a disseminare qua e là citazioni forse fin troppo dotte; può sembrare poco credibile, addirittura far sorridere che il mostro si istruisca fino a rendersi capace di leggere il "Paradiso perduto" di Milton, le "Vite" di Plutarco, "I dolori del giovane Werther" di Goethe. Ma al di là del tono enfatico che lo allontana dal nostro gusto, il romanzo è modernissimo. Vibrano anticipazioni di accordi nuovi che torneranno in Poe e Melville, per non parlare della fantascienza a venire. Perchè il romanzo darà inizio a qualcosa di assolutamente nuovo, ovvero alla favola fantascientifica che diventerà nel secolo seguente un vero e proprio genere letterario. Certo quì l'orrore non è sociale, nè politico.E' morale, religioso: l'orrore risuona con accenti che evocano molto più il diavolo piuttosto che i connubi tra scienza e potere. Rimane che Frankenstein è uno scienziato, il suo fine è la creazione artificiale di un essere umano. Non è questo il sogno degli scienziati? Non è tuttora un sogno e un tabù?
Carico i commenti... con calma