Phil Selway batterista dei Radiohead, oltreché terza voce del gruppo inglese. Del gruppo, è il più "anziano". Ha una laurea in inglese e storia al politecnico di Liverpool e prima dei Radiohead, ha insegnato inglese e lavorato in una casa editrice.
Quando ormai il mestiere di batterista è diventato cosa scontata e quotidiana è strano vederlo con in mano un’acustica intento a sussurrare le sue melodie, esordisce col suo primo album solista “Familial” uscito il 30 Agosto 2010. Dieci pezzi, di facile comprensione, di estrema versatilità, di notevole dolcezza, subito assimilabili anche da chi di Radiohead sa poco quanto niente. Il disco è pieno di riferimenti alla band di origine, che fortunatamente lascia tracce permeabili nelle varie composizioni anche se estremizzate e scarnificate al massimo. Dato il ragguardevole curriculum nell’album non mancano collaborazioni con artisti di grande livello quali Lisa Germano, Glenn Kotche (ottimo batterista), Pat Sansone e il poco conosciuto ma non meno illustre Sebastian Steinberg.
Il disco si apre con la ballad “By Some Miracle”, pezzo di grande effetto, nonché primo singolo estratto dall’album, molto minimalista musicalmente parlando e ricco di sfaccettature che anche al primo ascolto sono ben percepili, specialmente se accompagnato dal bellissimo video realizzato da David Altobelli. Personalmente la prima volta che lo vidi ne fui rapito, e fui costretto a rivederlo e rivederlo ancora una volta, apprezzando via via sempre più la fluidità del suono e le melodie vocali create da Phil. A mio parere uno dei migliori estratti. Si procede con “Beyond Reason” che colpisce soprattutto per il lavoro sulle voci in sottofondo che diventano parte integrante e ritmica della canzone, forse è questo il pezzo che si avvicina più al mondo Radiohead.
Altra canzone che colpisce particolarmente è “The Ties That Blind Us”, molto Floydiana, molto "The Wall", con cori curati e studiati, era da tempo che non si sentiva qualcosa del genere in giro, forse perché nessuno ne era in grado, o forse perché nessuno ha mai voluto imitare, pur se in minima percentuale le disarmanti gesta di Waters & Co, comunque sia, massimo rispetto per Selway per la buona idea.
Il disco scorre, procede regolarmente senza lasciare molte tracce all’ascoltatore che, pur non trovandosi di fronte a una produzione noiosa (dati i ritmi lenti), riesce a trovare le sonorità minimaliste molto incalzanti lasciando un senso di relax e di tranquillità, è come dire quasi accogliente, riconduce all’ambiente più sicuro e conosciuto da ognuno di noi, Familial appunto: l’ambiente familiare.
Tutto questo dovuto forse anche alle limitate potenzialità vocali del batterista – ora anche chitarrista e songwriter – che con tono rassicurante narra le sue novelle. Forse i fan dei Radiohead si aspettavano un lavoro migliore, uno studio sull’elettronica che tanto ha caratterizzato le sonorità degli ultimi anni dei suoi colleghi (vedi “The Eraser”, progetto solista di Thom Yorke). Al rogo lo scetticismo e la poca fiducia, il disco di Selway non convincerà molto ai primi ascolti i fan più sfegatati, ma il punto è che il disco è ascoltabile, Philway è riuscito a sistemare bene la tracklist e il disco suona, bene o male, va ed è andato dove doveva andare.
Carico i commenti... con calma