ABBIATEGRASSO (Mi)
28-12-2004 / ore 18.35
"Interno. Poca luce."
È come essere a Chicago, negli anni '30, con troppo LSD in corpo.
È come essere proiettati sulla puntina di un vecchio grammofono.
È come se il fantasma di un'orchestra si mettesse a suonare.
È come volare indietro nel tempo con la testa ma non con le mani.
Un suono che sa di zucchero si irradia subito dal legno delle casse, avvolgendo la stanza buia di colla gialla negli angoli. Il freddo fuori e l'inverno blu fanno da sfondo appiccicati come sono dietro la finestra.
D'un tratto, ecco la voce fragile di Beth Gibbons insinuarsi intrigante tra i cuscini del basso e le trame di una batteria secca come il ghiaccio. La chitarra jazzata di Adrian Utley fa il resto. Pochi ingredienti per un suono incisivo e intenso, che ammalia per la sua grazia e che ammutolisce l'aria.
I brani scivolano placidi come legno sull'acqua; strada che si dipana con curve sinuose l'album crea un profondo senso di pienezza, di linearità asciutta ma saziante. Mai fuori tono, sempre avvolgente. Ed è il calore che ci seduce. Fitto e intenso come lenta lava ci inonda da principio a fine, lungo tutte e 13 le traccie, con "Humming" a fare da chiave di volta in tutta la sua bellezza.
Troppe parole non si possono usare, si rischierebbe di spezzare l'incanto del cristallo incandescente. Un lavoro storico della band di Bristol (Portishead è proprio il quartiere da cui proviene il leader Geoff Barrow), gravido di quel suono che sembra sgorgare spontaneo da quelle parti.
Affascinante in ogni sua parte.
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