Quando si parla degli Autechre sappiamo già in partenza che dovremo confrontarci con idee e sonorità mai convenzionali o facilmente omologabili: nel caso di "Minidisc" - l'unico full-lenght del collettivo Gescom (di cui i due rappresentano le menti principali) - questa peculiarità viene moltiplicata per mille (una cifra di per se tutt'altro che iperbolica). Il disco qui trattato è infatti uno dei reperti più sperimentali mai stati scritti su supporto.

Sperimentale anche in questo stesso supporto, dato che il supporto in questione è nientedimeno che l'epocale flop della Sony, il minidisc. Parliamo infatti del primo album destinato UNICAMENTE a tale supporto (e non un alternativa alle edizioni CD e vinile, come tipico accadere nella sua pur breve vita), sebbene sia stata recentemente pubblicata una nettamente più fruibile ristampa in CD.

Concepito per essere riprodotto in modalità casuale, e pubblicato nel 1998 sulla radicale OR, "Minidisc" è semplicemente un disco avantissimo per la sua data d'uscita (e sotto molti punti di vista lo è ancora oggi), costituito da 45 tracce vivisezionate in 88 micro-tracce, quasi tutte brevissime e dai titoli altrettanto casuali, 88 tracce che, quasi a voler sfidare la presunta dimensione tecnologica del Minidisc, trasudano digitale da ogni microsecondo, da ogni micro onda, da ogni assalto noise, avvolte come sono in quel non troppo rassicurante magma di oscure trame glitch, suoni processati fino all'eccesso, rumorismo gratuito, fratture nervose e scomposte, apocalissi microsonora e tele espressioniste con la non irrilevante controindicazione dell'annebbiamento mentale: qualcuno lo avrebbe chiamato caos organizzato.

Le atmosfere risultano fredde, criptiche, inumane, labirintiche e canalizzate a condensare influenze storiche (concrete, industriali, acusmatiche) in ben più tecnologiche - ma non meno free - derive glitch/laptoptroniche/idm, dispiegando evoluzioni random assai complesse e destrutturate, inenarrabili cancrene di amorfo rumorismo, morbose permutazioni noise volte al collasso uditivo e allo stesso tempo ad una dislocazione del Suono puro, ben lontana da certe stucchevoli seghe accademiche modello Empreintes DIGITALes (sebbene non manchino interludi più umani tra ambient ed electro, più tipici di quelle che sono le coordinate classiche di Gescom).

Sonorità decisamente anarchiche, intrecci multidirezionali, astrazione a livelli inauditi e rifiuto totale di qualsiasivoglia di regola musicale è il risultato dell'attenta analisi sonora rigurgitata dal progetto inglese, che conferma qui la qualità del proprio iter artistico - siamo nel bel mezzo dell'evoluzione inumana che coinvolgerà gli Autechre post Chiastic Slide - puntando ora più che mai ad un intelleggibilità degli intenti e uno sguardo ad un futuro probabilmente ancora oggi lontano, non solo cercando di creare quello che ancora non è stato creato, ma coniando in particolare una modalità del tutto nuovo di concepire la comune 'musica', una modalità immateriale, inorganica, astratta

Diffidate di leggende metropolitane e hype mastodontici, il vero genio degli Autechre risiede proprio qui.

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