Mi alzo dopo una sbronza delibitante. Sono certo di volere qualcosa che aumenti il mio mal di testa. Non mi piace mandare via i postumi così senza colpo ferire. E ho bisogno di qualcosa che sia puro terrore cosmico. Mi capita sotto mano questo. Le controindicazioni sono che potrei non smettere di ascoltarlo per un po'. Corro il rischio. Inserirsco, dopo il terzo tentativo, il dischetto nello stereo e ci siamo.
"Malverde" ha il potere di uno schiaffo di granito dritto sui denti. Incedere a singhiozzo a la Mastodon, voce bastarda, quasi affannata, e chitarre piene di ruggine. Più mi spingo dentro a questa caverna infernale in queste montagne della follia e più mi rendo conto che ci siamo. Ma più che Lovecraft "Wires", con le sue tinte desertiche, spinte da un intermezzo che, non me ne voglia mr. Homme, gli attuali QOTSA se lo sognano la notte, e un finale disperato all'ennessima potenza, mi rimandano a Castaneda. Non paghi di questa magia Sabbatthiana arrivano gli stomp di un esercito in marcia verso Marte, le chitarre-tank di "Throw Up" sono badilate nelle sinapsi, e i contrappunti melodici di chitarra servono solo ad illuderti che sia una luce corroborante da qualche parte. E anche quando i nostri pigiano sull'accelleratore ci donano momenti di puro splendore stoner ("Hank Is Dead" e la splendida "Painted Parade"), rimasti negli 'anni '90 per molti motivi, ma vivi qui oggi e bastardi più che mai, groovy da far schifo e coi denti scoperti pronti a divorarvi le orecchie.
Il mio post sbronza è tornato ad essere una sbronza in piena regola, voglio guardare in che cazzo di anno sono, ma preferisco evitarlo, voglio credere di essere a Seattle a metà novanta, perchè la finale "Human Herd" è ciò di che più Soundgarden io abbia sentito finora, la voce melodica come non mai, e le chitarre che si preparano per un sabba nero in piena regola, ti fanno sprofondare in un abisso doloroso. Così Sia.
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