I Red Harvest sono una delle bands più agghiaccianti, oscure e violente apparse nelle ultime due decadi e, contemporaneamente, una delle più sottovalutate.
Il gruppo, formatosi ad Oslo nel 1989, è stato protagonista di un'evoluzione sonora davvero notevole: partendo dal thrash scarno e diretto del primo album "Nomindsland" (1992), i nostri si sono spostati progressivamente verso lidi industrial, noise ed elettronici, dando forma, con dischi come "Cold Dark Matter" (2000) e "New World Rage Music" (2001 - ristampa di un vecchio EP del '98 dal titolo identico con l'aggiunta di altre tracce), ad un suono tetro, massiccio, disumano e dannatamente efficace, memore della lezione di gruppi come Ministry, Godflesh e Fear Factory.
"Sick Transit Gloria Mundi", rilasciato nella primavera 2002, è probabilmente il loro lavoro più completo e maturo. Meno brutale e "fisico" delle loro precedenti prove, più equilibrato nell'alternanza tra momenti atmosferici e violenti, il disco vanta una serie di pezzi che sarebbero perfetti per un film di alta tensione o di fantascienza. In questi 50 minuti scarsi i nostri ci regalano una loro personale visione di un futuro non troppo lontano: un mondo nero pece, meccanizzato, dove l'uomo, controllato e schiavo delle macchine, perderà ogni libertà e possibilità di sopravvivere. Una dimensione apocalittica dove la natura ed i sentimenti più puri non esistono più: esiste solo il grigiore industriale, il buio perenne e i rumori ossessivi e sgradevoli dei congegni in funzione.
La traccia che apre le danze, "A.E.P.", mette subito in chiaro che qui non c'è la minima parvenza di luce: il riffing di chitarra violento, tagliente come una lama gelida, s'alterna ad aperture più melodiche, quasi black; il tutto è condito dal growl inquietante di Ofu Khan che ci incita ad evacuare il pianeta Terra prima che sia troppo tardi.
In "Godtech" cadiamo in un'atmosfera plumbea, tetra e sulfurea, dove a farla da padrona sono degli echi industrial che sembrano essere usciti da un disco degli Einsturzende Neubauten della prima era (quella più rumoristica ed estrema, per intenderci). Il drumming lento e cadenzato riecheggia altri eroi dell'industrial, i Godflesh di Justin Broadrick. Discorso analogo per "Dead" (che non sfigurerebbe in un album come "Streetcleaner", appunto) e per la doom-oriented "Beyond The End", malinconica e fisica, tanto da poter essere accostata ad altri maestri del genere: i Neurosis.
Caratteristica di "Sick Transit Gloria Mundi" è la capacità di mescolare le influenze e gli stili più disparati, riuscendo a dare però un senso al tutto, in modo da non risultare troppo frammentario da traccia a traccia. "Desolation" sarebbe potuta uscire dalla mente di Trent Reznor, col suo beat elettronico ed angosciante, mentre il blastbeat che introduce "Weltschmertz" ci riporta, per un istante, alle atmosfere dei primi Emperor. A chiudere questo inquietante quadro futuristico ci pensa "[Dead End]", la degna marcia funebre di un disco tanto desolante quanto minaccioso.
Sebbene non tutti i pezzi girino alla perfezione, la qualità media dei brani è davvero elevata: segno evidente che quando i Red Harvest sono baciati dall'ispirazione sanno partorire musica di gran lunga più personale (e realmente terrorizzante!) di tanti loro conterranei blacksters truccati da panda che tentano di fare paura con le loro fiabe demoniache che ormai non spaventano più nemmeno il pubblico under 2.
Detto questo, "Sick Transit Gloria Mundi" non è certamente un album per tutti, vista la musica e le atmosfere qui contenute, ma se al contrario siete patiti del genere ed avete voglia di calarvi in una dimensione buia e paranoica per un'oretta scarsa, allora procuratevi subito una copia di questo disco, un vero pezzo da 90 per ogni amante dell'industrial ed affini.
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