Settembre, ed esce il nuovo album dei Red Hot Chili Peppers.
Nei cieli sopra casa mia si prevede con il finire dell’estate l’arrivo di nubi di pioggia, nei cieli sopra DeBaser si prevede l’arrivo di nubi di recensioni di "I’m With You". Tanto si è parlato di questo album prima della sua uscita e tanto se ne parlerà. Ed è proprio questo il punto.
"I’m With You" è la naturale prosecuzione di "Stadium Arcadium". Fin qua nulla di sorprendente: un ritorno alle sonorità anni ’80 non era stato preso in considerazione da nessuno sano di mente, un evoluzione verso nuovi lidi è sempre apparsa improbabile. John Frusciante è uscito dal gruppo ed è stato rimpiazzato dall’amico Josh Klinghoffer, questa l’unica vera incognita.
Non preoccupatevi perché c'è ben poco di sorprendente: i RHCP continuano ad offrirci ciò che ci offrono da quindici anni senza sostanziali variazioni di qualità. Pop rock ondeggiante tra il sonnolento e l’energico, basso e batteria in evidenza, Kiedis si alterna come di consueto tra ritornelli pop e strofe in stile rap, ovviamente senza esagerare. Bravo Klinghoffer, che pure non si cimenta in nulla di particolare. E abbastanza prevedibili sono anche le singole canzoni. Certo, "Look away" è impreziosita da un’organo, "Goodbay Hooray" sembra ritrovare un po’ della vecchia grinta, "Ethiopia" ha una bella chitarra in evidenza, "Did I Let You Know" è una delle migliori canzoni degli ultimi Red Hot, con passaggi inconsueti e assolo di tromba. Tutto ciò non migliora però un album non esattamente ispirato come questo: ne evita piuttosto l’affossamento nella noia più bieca. Passaggi innovativi (per i Red Hot) ce ne sono in verità all’interno di più di una canzone, tutti però sotto banco, senza influenzare molto l’andamento complessivo della canzone. Il più delle volte è l’inizio canzone e basta ad essere veramente atipico, come in "Even You Brutus?", nel pianoforte di "Happiness Love Company" e nella prima traccia "Monarchy of Roses", che fa addirittura pensare per trenta secondi ad un ritorno alle sonorità di "One Hot Minute".
Non c’è davvero molto di cui parlare, e già il fatto che io stia contribuendo ad ingrossare i fiumi di inutili parole (stile Jalisse) che saranno spesi su questo disco non mi rende in effetti onore, ma tant’è. Poco utile discutere per un album sostanzialmente poco utile: se poi l’inutile, il chiacchiericcio e la musichiccia riscuotono consensi, è inutile intristirsi.
Penso che a questo punto chiunque saprà già se ascoltare "I’m With You". Se i Red Hot Chili Peppers hanno smesso di piacervi dopo il 1991 od il 1994 o non vi sono mai piaciuti evitate tranquillamente questo disco. Se vi sono piaciuti gli ultimi dischi vi piacerà a meno che non vi aspettiate nulla di sconvolgente. Per quanto mi riguarda un disco migliore di "Stadium Arcadium" e "Californication", ma che guadagna la sufficienza, e solo quella, per via della scarsa qualità del rock mainstream odierno ed anche perché resto sempre pur sempre un nostalgico dei miei ascolti della fanciullezza, e quando sono nostalgico sono di bocca buona.
Io l'ho ascoltato volentieri, ma lo pensionerò ben presto. Non bello ma piacevole, non brutto ma evitabile.
Carico i commenti... con calma