Io 'sta storia che il primo disco è un capolavoro e questo un po' di meno la vorrei sfatare. È chiaro che "Dancing To Restore and Eclipse Moon" è fantasmagorico, ma anche questo è superbo, e come viaggia. William Faircloth voce percussioni, Dino Paredes basso, Thomas Pierik batteria, Dallas Taylor chitarra, quagliano nel secondo l'onirico mistico del primo con basi solide trascendenti votate a scoperchiare situazioni invisibili a noi vicine che non percepiamo, quindi la rivelazione concreta della rarefazione gettata dal sacro esordio.
La voce disincantata ma seducente di Guglielmo guida in zone dove si rimandano le situazioni musicali in un loop che ci riporta al punto di partenza ma di un altro livello. La trance impersonale del disco produce una psichedelia a tratti barocca esoterica, mai totalmente evocativa, che sfarfalla in un calderone millenario, con una dinamicità che fa viaggiare il mistico non come situazione imbambolante ma con un'effettiva efficacia di velocizzazione astrale che attraverso soluzioni sonore immediate fa sentire sempre presente la navicella spaziale che ci porta a spasso. E la spirale palesa collegamenti con favole, odissee, epica arcana, "Alice it's true", con quell'atmosfera arcaica di fasti passati spiattellata da queste antiche anime con gli strumenti canonici del rock.
La magnificenza dei pezzi è imbarazzante in certi passaggi, ci accorgiamo di una traslazione verso lidi inesplorati dove ci abbandoniamo coscientemente sull'onda psichica che per la sua cristallina annunciazione sentiamo pura.
Alberga una pulizia del suono che ci conforta nel non avere paura di andare a vedere un po' di quell'invisibile che ci circonda: "Vivere qui può essere così brutto come sembra? In realtà è peggio se solo tu potessi vedere. Non intendo in modo metafisico, ma qui e ora sul piano materiale. Un grande elementale apparve nella mia stanza, e volò nell'aria come un pipistrello. Seduto qui pronto per il prossimo attacco dal vampiro psichico che si aggrappa alla tua schiena, ignora le forze che ti costringono a restare. Dove c'è una volontà c'è sempre un modo. Una pioggia nera sta cadendo per oscurare il sole, non c'è molto tempo quindi corri dentro il sole. Sono stanco di vivere e di contorcermi nel dolore e non mi fiderò mai più di nessuno qui. La mia testa esplode quando sono sotto attacco dal vampiro psichico che si aggrappa alla tua schiena, che si aggrappa alla tua schiena" (A Black Rain).
Meno male che l'arco colorato illumina la salvazione e quando parte Rainbow's End vado via, sono fuori... Beeeello.
Il registro della proposta musicale è variegato tanto che lo spettroscopio coglie un ventaglio di ballate psichedeliche che danzano su cambi di velocità che ci fanno gustare le lisergiche composizioni con una postura di dinamica liturgia. C'è la ballata folk, il pezzo onirico, la frenesia dark-rock, l'impazienza esoterica, la maestosità psichedelica, le atmosfere siderali... Tutto imperlato da una polvere fosforescente che trasforma il tuo corpo nella maniera che possa accedere al Tempio Rosso.
La strada è in salita e la tensione dei pezzi fa sudare ma arrivati alla vetta la brezza paradisiaca degli intarsi musicali è un refrigerio che accarezza i nostri stati di allucinazione.
La band paga pegno di aver scoperchiato cose indicibili con un grave incidente stradale col van tra uno spostamento da un concerto all'altro che taglia le gambe a un futuro che prometteva altre iperboli. Il mandala si è fatto fuori da solo.
I lampi di codesto lavoro comunque sedimentano che da Lhasa la destinazione successiva è Shamballa. Su questo non ci piove...
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