Alcuni ritengono che l'uomo riesca a tirare fuori il meglio di se proprio nei momenti peggiori, nelle difficoltà più incredibili, quando la disperazione e la sopraffazione sembrano vincere su tutto. E' il caso in cui si è trovato Nicolas Van Dyk, chitarrista, tastierista e mente degli statunitensi Redemption. Il fato gli aveva portato un "mieloma multiplo" e tanti temevano il peggio, ma Nick ce l'ha fatta, sconfiggendo la prova più difficile, componendo la canzone più bella, quella della vita. Ma se appunto tanti ritengono che in queste situazioni viene fuori tutta l'artisticità umana, nel caso in questione ciò non sembra sia avvenuto.

I californiani Redemption, da sempre dediti ad un progressive metal influenzato da band quali Dream Theater, Symphony X e Shadow Gallery, ha dato alla luce "This mortal coil" nel settembre dello scorso 2011. Evidentemente il problema di Van Dyk ha influito sulla stesura dei brani perchè maggiormente che in passato l'anima di questo cd ha una velata malinconia di fondo che ben si percepisce in diversi passaggi. Un sound più pesante ma allo stesso tempo più sentito, più "personale" dei quattro lavori che lo hanno preceduto. "Let it rain" è il brano simbolo di questa svolta (se così vogliamo chiamarla), sebbene sia importante dire che le architetture sonore, l'essere dei Redemption rimanga quello tecnico tipicamente legato al prog metal.

La realtà però ci racconta di un album spezzato a metà
, due parti distinte nella seconda delle quali sembra che i Redemption abbiano improvvisamente avuto un black out di idee. La prima parte di TMC è di ottima qualità, con brani dove tecnica, melodia e potenza riescono a coesistere a meraviglia. E' il caso di "Path of the whirlwind", "Blink of an eye" e di "No tickets to the funeral", influenzata dal problema di cui Van Dyk era prigioniero. Canzone dai toni cupi, con un ritornello velato di malinconia. Convince anche la lunga "Dreams of the pit", altro brano perfettamente equilibrato, dove tutti i membri del gruppo dimostrano le proprie indubbie capacità. Merito particolare va alla voce di Ray Alder, ben capace di "smorzare" le pulsioni solistiche dei suoi amichetti. Eppure dopo un inizio effettivamente eccellente, TMC scade nella banalità, in pezzi privi di mordente: tralasciando la già citata "Let it rain", ballata davvero degna di nota, per il resto le idee sembrano scoppiate ed ecco che escono canzoni vuote, senza nessuna scintilla come "Begin again", "Stronger than death" e "Perfect" che sono (purtroppo) i "sintomi" negativi del disco.

In definitiva "This mortal coil" non è un vero e proprio passo falso, perchè le due anime del cd riescono più o meno a bilanciarsi: sprazzi di classe rimangono ma non si può credere che i Redemption non sappiano fare di meglio di quelle 3/4 canzoni decisamente brutte che segnano l'andamento del platter. Da loro ci si aspetta sempre e comunque di più, ma "This mortal coil" può passare, solo per questa volta però...

1."Path Of The Whirlwind" (5:26)
2. "Blink Of An Eye" (5:57)
3. "No Tickets To The Funeral" (6:25)
4. "Dreams Of The Pit" (9:11)
5. "Noonday Devil" (5:03)
6. "Let It Rain" (7:21)
7. "Focus" (5:43)
8. "Perfect" (4:48)
9. "Begin Again" (6:11)
10. "Stronger Than Death" (5:29)
11. "Departure Of The Pale Horse" (10:14)

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