Regina Spektor, cantautrice americana di origini russe, si presenta al mondo nel 1999 con “11:11”, album di debutto costituito da una manciata di canzoni per voce e pianoforte (e qualche improvvisata percussione). Un disco indie, fatto con pochi soldi, ma molta dedizione e bravura, di cui sono state stampate pochissime copie ed è per questo introvabile in formato fisico.

Regina ha una formazione classica e utilizza il pianoforte non solo come accompagnamento, ma come parte integrante dei suoi pezzi, sfruttando tutta la comunicatività di questo strumento e ponendolo al servizio delle liriche come solo le cantautrici più capaci come Tori Amos e Fiona Apple sanno fare. Ma i paragoni con queste grandissime della musica terminano qui: il modo di cantare e suonare della Spektor è del tutto peculiare e ha anche altre influenze quali il nu-folk americano e le atmosfere da cabaret brechtiano dei Dresden Dolls (Amanda Palmer ha addirittura coverizzato “On the Radio” tratto da “Begin to Hope”).

Questo disco è costituito da storie di vita quotidiana, rese strambe e inquietanti dai filtri personali di Regina, che riesce a vedere tutto con gli occhi sognanti di una bambina (ascoltare “Building”, e la sorpresa nell’osservare quanto siano alti gli edifici che si costruiscono al giorno d’oggi, per credere). E se così una relazione amorosa che si svolge in un inquietante edificio dà uno spunto per una deliziosa opening track condita da giochi vocali molto particolari e tipicamente Spektoriani (“Love Affair”), ci ritroviamo catapultati in un mondo di personaggi folli e oscuri (“Mary Ann” e “Pavlov’s Daughter”) che sembrano usciti da un film di Tim Burton. L’esempio più lampante della bravura della Spektor a ritrarre spaccati di vita e a trasfigurarli in maniera inquietante è la ballata “Braille”, divenuta oramai un vero e proprio classico della cantautrice.

Le atmosfere sono jazz (d’altronde la seconda traccia “Re-Jazz” è una chiara dichiarazione d’intenti) e a tratti ricordano “Closing Time” di Tom Waits. Gli arrangiamenti risultano semplici, ma incisivi (la dolce “I Want to Sing” a cappella e la conclusiva “Sunshine” sono due gemme che brillano proprio per il loro essere semplici e dirette). Tuttavia non tutte le tracce riescono a mantenere il livello di quelle più riuscite e ci sono pezzi che, pur essendo simpatici, sembrano più delle b-side da completare (“Flyin’” e “Wasteside”). Ma da un debutto è pure normale aspettarsi un po’ di acerbezza; ciò non toglie che l’album sia veramente godibile e ci mostri un talento cristallino che non ha bisogno di superproduzioni per emergere. Questo e il successivo “Songs” saranno una buona preparazione per quello che poi sarà il capolavoro indiscusso e l’album perfetto di Regina Spektor ovvero “Soviet Kitsch”.

Braille

She was lying on the floor and counting stretch marks 

She hadn't been a virgin and he hadn't been a god 

So she named the baby Elvis 


To make up for the royalty he lacked

And from then on it was turpentine and patches

From then on it was cold Campbell's from the can

And they were just two jerks playing with matches

 'Cause that's all they knew how to play

 

And it was raining cats and dogs outside of her window

And she knew they'd be destined to become sacred road kill on the way 

And she was listening to the sound of heavens shaking

Thinking about puddles, puddles and mistakes

 'Cause it's been turpentine and patches

And cold, cold Campbell's from the can

 And they were just two jerks playing with matches

'Cause that's all they knew how to play

 All they knew how to play

 

Elvis never could carry a tune

And she thought about this irony as she stared back at the moon 

She was tracing her years with her fingers on her skin

Saying why don't I begin again

With turpentine and patches 

With cold, cold Campbell's from the can

After all I'm still a jerk playing with matches

It's just that he's not around to play along

I'm still an asshole playing with candles

Blowing out wishes, blowing out dreams

Just sitting here and trying to decipher

What's written in Braille upon my skin

 
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