Dedizione e originalità sono le qualità su cui Regina Spektor ha deciso di puntare per arrivare al successo. La cosa che stupisce piacevolmente è che, ora che la giovane cantautrice russa è indicata da molti come un'autorevole e abile artista, dedizione e originalità non sono finite (come spesso succede) per essere offuscate da una facile scrittura commerciale da massa.
Il suo ritorno infatti segna un passo in avanti verso la maturità, desideroso com'è di stupire, cambiare le carte in tavola e giocare coi generi. Chi conosce il passato di Regina sa che i suoi dischi precedenti erano caratterizzati dagli arrangimenti scarni e dalla presenza quasi unica del pianoforte come accompagnamento. Oggi invece ci presenta un album più vario nei suoni, ideale punto di incontro tra folk ("Fidelity", "On The Radio"), jazz ("Lady") e soft-rock ("Better", in collaborazione con l'amico Nick Valensi degli Strokes).
Il pianoforte non viene comunque abbondonato, lo ritroviamo anzi in alcuni degli episodi più emozionanti del disco (la riedizione del suo pezzo più famoso, "Samson", e "Field Below"). Sorprende positivamente anche l'utilizzo più consapevole e colto che Regina ne fa rispetto al passato, richiamando in più di un caso la compostezza della musica da camera tipica della tradizione classica del suo paese ("Apres Mois", "20 Years Of Snow").
Questo "Begin To Hope" è insomma di un'ottimo lavoro, impegnato e disimpegnato quanto basta, rivolto a chi rimpiange l'eccentricità della Tori Amos pre-parto e a chi si è stufato di avere solo Fiona Apple come unica eroina del cantautorato femminile.
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