Dopo il successo di “Out of Time” (a oggi 16 milioni di copie vendute), che li rese star internazionali, i REM, dopo qualche show-case in giro per l’Europa, tornarono in studio per comporre il nuovo album.
L’averlo pubblicato dopo appena un anno, fa capire bene il motivo per cui venne fatto: cavalcare l’onda del successo del 1991.
Ciò che stupisce è il fatto che, mentre i seguiti di grandi successi, di solito, sono inferiori all’originale, questo seguito è uno dei massimi capolavori del “Pop d’Autore”, un gioiello che mischia, a regola d’arte, folk, folk-rock e musica classica, e che, per lo spessore dei suoi testi, può certamente essere accostato a “Synchronicity”, superando il capolavoro dei Police quanto ad emozione, grazie ad un Michael Stipe così ossessionato dal dolore e dalla morte (nonostante la giovane età), da ripercuotere questa ossessione nella sua voce, in un modo così sincero da lasciare senza fiato l’ascoltatore, come mai prima e come mai dopo, specialmente nei due massimi risultati del disco: “Drive” ed “Everybody Hurts”, due veri miracoli di minimalismo compositivo, due lezioni su come scrivere un capolavoro con una sola idea musicale.
Quasi allo stesso livello di incanto “Nightswimming” (il capolavoro pianistico di Mills), e “Find the River” (apparentemente banale ballata acustico-pianistica con tre strofe e tre ritornelli scontati, eppure stupefacente ad ogni ascolto, con la voce dolente di Stipe che si unisce a dei controcanti davvero stupendi di Mills).
“Try not to Breath” (vibrante folk-rock), “Star Me Kitten” (eccellente lento elettrico), “Man of the Moon” (dedicata al comico Andy Kaufman), “Monty Got a Raw Deal” (dedicata all’attore Montgomery Clift) e “Sweetness Follows” sono le gemme che si uniscono ai quattro capolavori sopra-citati.
“Ignoreland” (l’unico pezzo rock (benché molto soft) e “The Sidewinder Sleeps Tonite” (con la linea di canto troppo ampia) rompono un po’ l’atmosfera di dolente riflessività e serena pace (musicale) dell’album, e costituiscono gli episodi francamente evitabili del disco, che con le sole 9 canzoni precedenti avrebbe costituito una superba sintesi del genere “ballata malinconica”.
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