Vorrei partire dalla fine, "Wendell Gee", la traccia che chiude l'album lascia nel cuore un segno profondo, quello che di solito lasciano i REM in qualsiasi altro album. Ma di canzoni da favola in questo lavoro ce ne sono purtroppo veramente poche.

Siamo nel 1985, i REM sono reduci dal sorprendente esordio di Murmur (1983) e la conferma di Reckoning (1984). Per realizzare la loro terza fatica il quartetto di Athens decide di trasferirsi a Londra: nuovo ambiente, nuove influenze, nuovo produttore e nuovi stimoli. Purtroppo la band non troverà mai il giusto feeling con il produttore John Boyd e con la città di Londra (l'inverno umido e nebbioso sommato alla freddezza della grande metropoli non sono stati di aiuto al gruppo). Ne esce un disco oscuro, cupo e confuso in cui le nuove idee non mancano ma la qualità dei suoni e della voce di Stipe sono di qualità troppo modesta. Ma se la scarsa qualità delle registrazioni è dovuta alla carenza in fase di produzione stessa cosa non si può dire per la parte vocale. Un Michael Stipe depresso ed alcolizzato ha realizzato la sua peggiore prova di cantante della sua intera carriera.

Fables è un disco folk-rock che segue lo stile dei suoi predecessori, ma con qualche innovazione in più. "Feeling Gravity Pulls" apre l'album in maniera oscura per poi scivolare in un ritornello di rara dolcezza, "Maps And Legends" è un classico pezzo folk senza infamia e senza lode, "Driver8" è invece a tutt'oggi una delle più belle canzoni in assoluto della band, un classico gioiello folk-rock di rara intensità ed immediatezza.
Punto e basta.
Dalla quarta traccia il disco ci porta dal paradiso di "Driver8" all'inferno di canzoni tutt'altro che memorabili: la confusa "Life And How To Live It", la scarna "Old Man Kensey", l'insignificante "Green Grow The Rushes" e la deprimente "Can't Get There From Here". Nel finale Fables ritorna di nuovo ascoltabile, lanciando un trittico di brani che strizzano l'occhio al genere dark in voga a Londra negli anni '80. Pezzi come "Kohutek", "Auctioneer" e "Good Advices" sembrano ispirati al genio di Ian Curtis. Dopo questa immersione nelle nebbia londinese esce di nuovo il sole per l'ultima traccia "Wendell Gee" che chiude con una dolce ballata un disco per nulla convincente.

Un disco che per molti estimatori della band è un "masterpiece" per le sue sonorità grezze ed oscure. Personalmente lo reputo come l'unico passo falso di un gruppo che ha regalato e sta regalando lavori di livello assoluto.
Tornati da Londra con i nervi a pezzi la band otterrà comunque un buon successo a livello di vendite che permetterà ai REM di continuare a far musica e l'anno successivo daranno alla luce il loro più grande lavoro degli anni '80: Life's Rich Pageant.

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