Questa è la novità portata dai REM attraverso “Murmur”: un folk-rock che sorregge, nelle strofe, (generalmente) dolenti melodie (che, per qualche miracoloso motivo, non scadono mai nella lagna), e che poi “esplodono” in inaspettati ritornelli (o cambi) di straordinaria bellezza.

Questa è stata la loro riscrittura della ballata, che ha prodotto in trent’anni di carriera risultati splendidi, resi possibili da un talento melodico che, in moltissimi casi, si può davvero definire “genio”, e da una voce nasale capace di emozionare senza mai giocare sull’estensione, ma con cantati spesso piatti, e a volte quasi parlando.

In “Murmur” è davvero difficile trovare un pezzo che non sia entrato tra i classici della band: “Talk About the Passion” (il folk-rock dolente, marchio di fabbrica dei REM); “Sitting Still” (il folk-rock dei REM in versione accelerata); “Radio Free Europe” (con la chitarra acustica che nel ritornello sostituisce quella elettrica, per non disturbare troppo la voce); “Laughing” (con Buck in versione completamente acustica); “We Walk” (splendida e dolente filastrocca); “Pilgrimage” (con l’entrata in scena dei controcanti di Mills), “Shaking Through” (dove alla chitarra si unisce il pianoforte che quasi gli ruba la scena); “Catapult” ; “West of Fields”.

In un pezzo, il dolcissimo lento “Perfect Circle” (per molti il punto più alto del disco), il piano accompagna la voce di Stipe, la quale ci regala probabilmente il più incantevole ritornello della discografia dei REM.

C’è spazio anche per il virtuosismo ritmico e vocale (“Moral Kiosk”, “9-9”), ma la sostanza non cambia.

“Murmur” è una sorprendente testimonianza del talento dei quattro di Athens nel riscrivere in modo sempre nuovo la stessa canzone. Avevano una formula in testa, che seppero applicare a memoria. 1 sola idea strutturale e tante realizzazioni diverse, stupendo ogni volta l’ascoltatore.

Il risultato è uno dei migliori album d’esordio di sempre.

Carico i commenti...  con calma