Forse, all'uscita di questo disco, ci si aspettava che il quartetto di Athens avesse già raggiunto l'apice della propria carriera con il precedente "Green". Un disco, quello, che ha segnato il trionfo del college rock con inni politicamente impegnati come ‘'World Leader Pretend‘' e ‘'Orange Crush‘' e brani più scanzonati come ‘'Get Up‘' e ‘'Stand‘'. Il trionfale Green World Tour che ha caratterizzato buona parte del 1989 e che ha portato i R.E.M. in giro per il mondo (Italia compresa, per la prima volta ) ha effettivamente determinato la fine di un epoca. Rivedere oggi con il senno di poi le immagini di Tourfilm, che di quei concerti è testimonianza fedele, fa un certo effetto. Non tanto perché contenesse indizi sul futuro (i brevi spezzono di Low e Belong nascosti tra una canzone e l'altra), ma perché è evidente la netta cesura che il gruppo ha operato con il passato. Anche se questo non dovrebbe stupire: come dimostra la carriera del gruppo, fino ad "Up", dove le svolte sono una costante.

Eppure gli indizi di questa svolta erano già nei solchi di Green. Non tanto l'epicità di "Orange Crush", quanto in "You Are The Everything". E' in quella canzone che i quattro iniziano il gioco delle ‘musical chairs‘, scambiandosi posti e strumenti. Un gioco poi ripetuto ogni sera sul palco. Stipe che dedica la canzone al pubblico. Peter Buck ha in mano uno strumento: il mandolino. Bill Berry passa al basso e Mike Mills alla batteria. La canzone fa parte di un trittico, che comprende anche "The Wrong Child" e "Hairshirt". Atmosfere acustiche, in cui era il mandolino a prendere la scena.

Quando, nel 1990, i R.E.M. si trovano per iniziare a lavorare al disco, la strada è quella: atmosfere malinconiche e una voluta confusione dei ruoli. Per aumentare le possibilità di un caos controllato nel gioco vengono coinvolti un buon numero di amici, tanto che alla fine è necessario includere nelle note di copertina un ‘chi - suona - cosa‘. Il primo è Peter Holsapple, che in quel periodo viene riconosciuto come il ‘quinto R.E.M.‘; poi Kate Pierson dei B - 52's, Kidd Jordan ai fiati, il rapper KRS - One, John Keane, il produttore Scott Litt, più una sezione di archi. Il gioco porta addirittura Mike Mills a fare la prima voce in due canzoni del disco, ‘'Near Wild Heaven‘' e ‘'Texarkana‘', in cui Stipe si limita a fare i controcanti. Il risultato è un disco che segna davvero la svolta della carriera per la band.

"Out Of Time" è un disco ‘barocco‘, ricercato nei suoni e nelle melodie, malinconico ma non triste, perché permeato da una leggerezza sopra le righe. Da questo punto di vista, uno dei manifesti del disco è ‘'Endgame‘', il pezzo semistrumentale collocato più o meno a metà: un gioco tra chitarra, clarinetti e vocalizzi assolutamente demodé rispetto all'esplosione del giunge che di lì a poco si sarebbe concretizzata con Nevermind e Ten e che avrebbe travolto tutta la musica, americana e non.

Il disco riesce a mettere assieme sperimentazioni, come la quasi sussurrata ‘'Low‘' e rimandi al passato, come le più classiche ‘'Me In Honey‘' e ‘'Shiny Happy People‘'. Quest'ultima, basata su un tipico arpeggio di Rickenbacker, è preceduta e interrotta da un giro di valzer che la rende in qualche modo anomala. Secondo singolo tratto dal disco, è una canzone sfacciatamente allegra, poi disconosciuta dal gruppo per il tono ‘troppo‘ scanzonato. Un altro degli episodi più significativi è ‘'Belong‘', basata sul contrasto tra il parlato di Stipe e la struttura musicale molto ‘alla R.E.M.‘ che culmina in un ritornello che sembra fatto apposta per essere cantato in coro. Capolavoro assoluto del disco rimane ‘'Country Feedback‘' insieme a ‘'Losing My Religion‘'. La prima è uno straziante flusso di coscienza il cui titolo va preso alla lettera, essendo giocato sul contrasto tra una chitarra slide e una distorta. Ovviamente il disco è ricordato per ‘'Losing My Religion‘', inno assoluto del gruppo. Una ballata semplice e lineare, dominata dal suono del mandolino, in cui Stipe impersona il monologo di una persona depressa. Non ‘una canzone centrata sul tramonto dei grandi ideali‘, come ha scritto qualcuno rendendo palese un diffuso fraintendimento generale dal titolo e aumentato dal video di Tarsem in cui vengono mostrate ambigue immagini pseudo - religiose di un novello icaro.

"Out Of Time" è anche il disco in cui i R.E.M., da sempre paladini del filmmaking indipendente, si aprono a video più orientati verso il pubblico. Nel 1991 il video di Losing trionfa agli Mtv Awards; buona parte del successo del disco lo si deve anche ai clip degli altri singoli. L'onnipresenza visiva del gruppo mitiga una decisione inaspettata: la rinuncia a portare in tour il disco. I R.E.M. si rendono conto che un altro tour mondiale li avrebbe spazzati via, e preferiscono dedicarsi a sporadiche apparizioni promozionali, come il memorabile Mtv Unplugged o lo showcase milanese a suo tempo trasmesso. Una decisione, quella di non andare in tour, interrotta solo nel 1995 con il mastodontico Monster Tour. La copertina raffigura il marchio R.E.M. in primo piano, un marchio unico che ancora oggi rimane unico.

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