"Prologue" è il terzo album pubblicato dai Renaissance, gruppo nato dalle ceneri degli Yardbirds, della cui formazione originale però, nel 1972, (anno di uscita del disco in questione) non rimase nessuno. Si tratta infatti della prima opera della line-up conosciuta per capolavori quali "Ashes Are Burning" e "Scheherazade And Other Stories", caratterizzata dalla presenza della cantante Annie Haslam, famosa per la sua notevole estensione vocale. Gli altri membri del gruppo sono Jon Camp al basso, Rob Hendry alla chitarra, Terrence Sullivan alla batteria e John Tout al pianoforte.

Il disco è un equilibratissimo miscuglio di rock sinfonico e musica classica, con il pianoforte che fa da trave portante dell' intera opera. Molteplici sono i richiami dello strumento a trame classiche e barocche ed evidenti le capacità dello strumentista, che disegna le note nell' aria sia in fase solista che in quella di accompagnatore alla voce splendida e calda della Haslam, di cui si potrebbero spendere righe e righe per descriverne le capacità. Dotata di un timbro unico, caldo e avvolgente, oltre che di un' estensione vocale di cinque ottave (niente male eh!), sapeva dare alla canzone un'atmosfera soave, squillante e a tratti malinconica, quasi autunnale, ma mai ridondante. Anche la sezione ritmica è di livello, con la batteria suonata in maniera intelligente, che evita di coprire le trame disegnate. Capiterà spesso che per non soffocare il connubio voce-pianoforte si faccia un po' da parte, riuscendo comunque ad esaltare i tratti salienti delle canzoni. Anche gli strumenti a corde compiono un ottimo lavoro, con basso sempre presente e pulito e la chitarra che a differenza di altri gruppi riveste evidentemente un ruolo secondario nel sound della band.

Ma veniamo al disco, come detto prima pubblicato nel '72, la cui copertina venne realizzata dallo studio fotografico Hipgnosis, famoso per aver lavorato anche per Pink Floyd, Led Zeppelin e Genesis. Buona parte dei testi dell' album vennero scritti dalla poetessa inglese Betty Thatcher, amica della cantante. La prima delle sei tracce è "Prologue", aperta da una digressione di piano notevole sulla quale si elevano gli acuti della Haslam che si "limitano" a seguire la melodia ma senza espletare alcuna parola di senso compiuto, secondo la tecnica del vocalese. Nel mezzo troviamo una piacevole variazione con piano in pieno stile barocco che ci reintroduce al tema principale. Segue "Kiev", dove il cantato viene affidato alla voce maschile del bassista, fedelmente accompagnata dalla Haslam. Ne risulta un brano con ottimi momenti di piano, piuttosto magniloquente nel suo incedere, ricco di cori e virtuosismi.

"Sounds of the Sea" è invece molto più delicata, con un intro di piano struggente e un cantato che si adagia perfettamente alle onde del mare registrate e ai gabbiani che si sentono in lontananza. Una canzone fantastica che se appena chiudiamo gli occhi ci porta su una scogliera a rimirare l' acqua del mare. Capolavoro assoluto. L'arduo compito di continuare con la riproduzione del disco dopo cotanta bellezza tocca a "Spare Some Love", altro pezzo delicato interrotto da un breve intermezzo elettrico. Ineccepibile il cantato, accompagnato da dei cori, che in ogni momento è carico di sentimento e atmosfera. Continuiamo a sognare con "Bound for Infinity" pezzo dall' incedere molto lento sulla quale la grazia della voce raggiunge livelli altissimi, il cui apice viene raggiunto nel ritornello dove vengono scandite sillabe senza senso ma dalla carica emotiva impressionante. È difficile trovare parole adeguate a tale bellezza, unico consiglio: ascoltatela.

Chiude l'opera la quasi-suite psichedelica "Rajah Khan" tanto maltrattata dai critici ma che io trovo particolarmente evocativa e ben riuscita. Senz'altro un brano che si discosta dallo stile del gruppo, soprattutto negli album che seguiranno, dove possiamo trovare una Annie Haslam un po' più aggressiva, alla pari delle atmosfere create dalla chitarra elettrica (abbandonata dal gruppo dopo questo album). È presente anche un sintetizzatore VCS3, suonato da Francis Monkman dei Curved Air.

Termina quindi il disco, che segna il debutto sulle scene di una delle più belle voci femminili del panorama musicale di quei tempi, a mio avviso tutt'ora ineguagliata. Per chi non li conoscesse (fatto alquanto grave) una scoperta senz'altro gradita.

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