"Vicoli ciechi, il pane per pochi, di violenza finché ne vuoi... ".
Pubblicato alla fine del 1981, "Artide Antartide" è uno dei migliori lavori di Renato Zero, manifesto della sua "poesia" stradarola e borgatara. Le venti tracce di questo doppio album ci accompagnano in un viaggio nelle periferie più degradate di Roma, dominate da alienazione e abbrutimento. Quasi una cronaca pasoliniana, con reietti e emarginati a comporre una galleria di personaggi che certo Zero doveva aver conosciuto e anche frequentato nei lunghi anni trascorsi fra le strade grigie e i palazzoni della Montagnola.
Nonostante ci si imbatta qua e là in piccole oasi romantiche o leggere ("Ed io ti seguiro", "I figli della topa", quest'ultima dedicata agli amati sorcini), l'album si pone come un lavoro di denuncia sociale, peraltro attualissimo (basta farsi un giro per Corviale, Tor Bella Monaca o Laurentino 38 per capire che da allora nulla è cambiato). In "Artide" sfilano in disperata successione i detenuti reclusi nel carcere della "Lungara", poi la "Notte Balorda" di fricchettoni, battone, marchettari, alcolizzati e avanzi umani, e di seguito le checche a caccia d'amore e i barboni che affollano la stazione Termini, i bambini che scoprono il sesso in strada dietro a un muro e i marciapiedi come scuola di vita. A livello di arrangiamenti il disco rappresenta un unicum nella produzione di Zero: interrotta la storica collaborazione di Piero Pintucci, non ancora avviata quella con Renato Serio, il re sorcio si affida a Elio D'Anna, già sassofonista del gruppo r&b Showmen alla fine degli anni sessanta e poi degli Osanna, band progressive attiva per tutti gli anni '70, alla quale per un breve periodo aderì anche Corrado Rustici. Lo stesso Rustici è il chitarrista dell'album: a giovarsene è il sound che soprattutto in Antartide acquista quel pizzico di cattiveria che ben si sposa con i testi e che lo distingue dall'enfasi e dalla retorica profuse a piene mani in altri lavori. Forse è proprio per questo che Renato non ama particolarmente gli arrangiamenti di questo doppio album, al punto di dichiarare che è l'unico suo disco che rifarebbe in modo diverso...
Il secondo cd, "Antartide", è ancor più grigio e pessimista del primo. Quando parla d'amore Zero lo fa per cantare incomunicablità e distanza ("sterili, sotto vuoto spinto, privi ormai di stimoli"); poi ricomincia la galleria degli orrori: spacciatori che adocchiano bambini, famiglie che vivono nella miseria, adolescenti che girano con la pistola nello zaino, la rassegnazione e l'indifferenza come stile di vita. Fino a "Stranieri", il brano che chiude l'album e ne riassume il senso: "L’asfalto è rovente, la noia sempre più invadente, e noi più soli, più stranieri che mai... che cosa siamo noi.. ".
"Artide Antartide" è dunque un piccolo capolavoro nell'ambito del cantautorato manstream degli anni '80. L'album è stato ristampato di recente, dopo essere stato a lungo fuori catalogo a causa di una lunga controversia tra l'artista (che ora si produce e si distribuisce da solo) e la Sony.
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