Renato Zero. Ovvero: grandissima e instancabile voce, proprietà di linguaggio tra le più imponenti del panorama della musica leggera italiana, ottimi musicisti a costruire trame quasi sempre interessanti e commoventi.
E tutto questo è anche Autoritratto, l'ultimo lavoro del Vate della Montagnola, che celebra 50 anni dall'uscita del primo LP, No, mamma no!
Tredici canzoni per cinquanta minuti, da ascoltare tutto d'un fiato, perché ogni canzone si collega all'altra come tasselli di un mosaico.
Dopo la mastodontica opera Zerosettanta, 39 inediti, uno schiaffo alle logiche discografiche, e Atto di fede, primo progetto musical-editoriale, Renato dimostra di esserci ancora sulla cresta dell'onda, sempre con la sua Tattica, con la quale si autoproduce da 22 anni, da La curva dell'angelo, mentre IndipendenteMente si occupa della distribuzione da giusto dieci anni, dai tempi dei due capitoli Amo.
Venendo al nuovo disco, l'ho ascoltato tutto d'un fiato, ed è stato davvero un viaggio coinvolgente e appassionato. Leggero.
Il disco non raggiunge la media dei 4 minuti a brano, rimanendo quindi sui 50 minuti complessivi, come già detto.
Le mie preferite sono Quel bellissimo niente, Non ti cambierei, uscita anche come singolo, Zero a Zero, La ferita e Vita.
Non mancano qua e là assoli travolgenti di chitarra o sax, ma lo strumento che la fa da padrone è senz'altro il pianoforte.
Renato fa le cose in grande per le vacanze natalizie, e così come non manca un brano per le festività, Perennemente bianco, non manca il packaging del disco in quattro versioni differenti, mossa già utilizzata nei recenti lavori.
Ad Autoritratto do 4 stelle. Renato c'è, si vede e si ascolta.
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