Gli anni settanta sono stati per il jazz un periodo di sperimentazioni e contaminazioni musicali intrapresi da quel "movimento elettrico", che ruotò intorno alla figura del trombettista Miles Davis; principale artefice dello scontro tra il jazz e le sonorità rock di quel periodo, l'indiscusso maestro, nell'agosto 1969 decide di dare un'identità definitiva a quella svolta elettrica già iniziata un anno prima con "In a silent way", ingaggia alcuni tra i maggiori strumentisti del momento, tra loro alcune vecchie conoscenze come il contrabbasista Dave Holland e il sassofonista Wayne Shorter e da vita ad una delle sessioni più importanti ed innovative della storia del jazz. La registrazione prenderà il nome di "Bitches brew" e vedrà nella line up del musicista alcune personalità destinate a diventare, grazie ai loro progetti paralleli, i maggiori esponenti della fusion di quegli anni; Joe zawinul, Chick Corea, John McLaughlin, tra i protagonisti di quella interminabile opera jazz, decidono di continuare l'epopea elettrica iniziata dal jazzista ed intraprendono tre strade similari tra di loro ma ognuna con una propria personalità.

I Return to forever, fondati dal pianista-tastierista Chick Corea, appaiono per la prima volta nel 1972, danno vita nell'arco di cinque anni a sette pubblicazioni in studio e, ancora oggi, vengono considerati insieme ai Weather report, tra i maggiori esponenti del jazz-rock; la line up originale vedeva oltre a Corea e Stanley Clarke al basso elettrico anche Joe Farrell (flauto e sax), Airto Moireira (percussioni) e Flora Purim (voce); il disco viene considerato uno dei punti più alti della creatività del musicista italoamericano che, nel corso degli anni darà un' impronta più tipicamente fusion ai lavori dei Return to forever abbandonando in parte le sonorità latine che avevano caratterizzato questo splendido esordio.

Dal 1972 al 1976, anno in cui viene pubblicato "Romantic Warrior", sono cambiate un po' di cose; la sesta pubblicazione del super gruppo vede apparire oltre i due membri principali già citati, Lenny White alla batteria e alle percussioni e Al di Meola alla chitarra elettrica; il sound del gruppo si è contaminato di rock in maniera più evidente avvicinando il loro stile alla Mahavishnu orchestra di McLaughlin. Pur non raggiungendo i livelli dell'esordio del 1972 "Romantic Warior" resta un lavoro di grande spessore creativo e di bravura tecnica che trova il suo maggior punto di forza nel perfetto equilibrio e la perfetta armonia tra gli strumentisti nel dare vita alle composizioni senza che nessuno sopravvalga l'altro o sia troppo "contenuto", in "Romantic warrior" ognuno è chiamato a "dire la propria" nel giusto equilibrio.

La fusione tra jazz e rock è arricchita da molteplici richiami classici e ritmi latini donatici in particolar modo dal pianista Corea più di una volta in stato di grazia ma mai come nella bellissima title track, dove splendidi fraseggi di pianoforte aprono il brano ad introdurre la chitarra acustica di Al di Meola e il contrabbasso di Clarke suonato con l'arco nell'esecuzione del tema principale; il tema si ripeterà un'altra volta sotto l'accompagnamento di batteria per poi lasciare spazio alle variazioni e allo scambio di soli tra contrabbasso e chitarra acustica, che tirerà su un assolo in crescendo per poi riaffievolirsi e portare l'ascoltatore al latinissimo solo di pianoforte splendidamente accompagnato da un funambolico Lenny White. Le rarefatte atmosfere iniziali accompagnate da fraseggi di pianoforte torneranno e porteranno il brano a conclusione dopo ben 11 minuti di durata..

Degne di nota sono anche la funkeggiante "Sorceress" sicuramente di stampo più fusion rispetto alla particolare title track, (anche qui lo splendido solo latineggiante del pianista sarà sublime per le orecchie che lo ascolteranno), e "Duel of de jester and the tyrant (part 1 e part 2)", altro splendido brano di lunga durata composto da Chick Corea. Gradevole è la rocchettara "Majestic dance" di Al di Meola, leggermente minore a mio avviso l'artificiosa "The magician" di Stanley Clarke per quanto riesce comunque a farsi apprezzare per le finezze di tastiera e basso elettrico nella parte centrale della composizione. Poco coinvolgente è invece a mio avviso l'iniziale "Medieval overture".

Per concludere un album bellissimo con pochissime parti sottotono che nel complesso resta un piccolo capolavoro e non dovrebbe mancare a chi ha amato il jazz-rock di quegli anni.

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