Tutti i metallari converranno che il thrash è cosa buona e giusta. Tutti i metallari converranno che il death è cosa buona e giusta. Tutti i metallari, infine, converranno che la tecnica è cosa anch'essa buona e giusta. Quindi, se prendo il thrash, lo fondo col death e amalgamo il tutto con una spruzzata di tecnica ne uscirà qualcosa di buono e giusto al cubo. La matematica non può sbagliarsi, ma cerchiamo di chiarire meglio questo discorso.

"Empire Of The Obscene", uscito nel 2008, è l'opera prima del gruppo statunitense Revocation, e si tratta appunto di quello che io considero un geniale mix tra thrash e death.

Malgrado siano solo al loro primo lavoro, i Revocation manifestano un tasso tecnico e una maturità musicale disarmanti.

La prima cosa che ho apprezzato è stata la chitarra di David Davidson, potente e martellante nelle parti ritmiche ed estremamente veloce e pulita nelle parti soliste (da segnalare infatti che egli è il solo chitarrista della band, che conta solo 3 elementi) dove prevale un gusto spiccatamente barocco che a tratti può ricordare Malmsteen o Tolkki. Le parti cantate sono affidate allo stesso Davidson e al bassista Anthony Buda, i quali sfoggiano un'abilità canora davvero apprezzabile; la loro alternanza scream-growl crea un impasto vocale davvero ben azzeccato che si adatta efficacemente alla violenza delle loro canzoni. Nulla da dire poi riguardo al batterista, Phil Dubois-Coyne, un vero martello pneumatico.

Si è parlato di tasso tecnico. Ebbene, quello dei Revocation è disarmante. I riff sono estremamente articolati e variegati, le melodie spaziano dal barocco all'orientaleggiante, i cambi di tempo sono un orgasmo per le orecchie così come i passaggi improvvisi da calma piatta a furia inarrestabile.

Diamo ora un'occhiata per sommi capi alle tracce.

"Unattained" apre il disco con uno stile che richiama per certi tratti gli Slayer. "Tail From The Crypt" mette subito in chiaro che qui non si scherza: violenza e tecnica la faranno da padrone. L'Intro di "Exhumed Identity" pare fatta apposta per farci fare headbanging, cosa sempre apprezzata dal qui presente metallaro! L'angosciosa dolcezza della chitarra di "Fields Of Predation" è contrastata da un pauroso growl demoniaco. "Alliance Of The Tyranny" è una traccia strumentale pregevole, dove una chitarra molto soft viene circondata da una doppia cassa e da un basso che non lo sono per niente. "Suffer These Wounds" si rivela un ampio compendio di tutti i tempi possibili e immaginabile, roba da far prendere fuoco a un metronomo... Giro di boa con "Summon The Spawn", dove, più che prendere fuoco, il nostro povero metronomo collassa su sè stesso! L'epos e la furia aumentano esponenzialmente canzone dopo canzone, e in "None Shall Be Spared (All Shall Be Speared)" si raggiunge quasi l'apice: è il momento ideale per inserire "Stillness", due minuti di avvolgente tranquillità che proprio non ti aspetti. Siamo alle battute finali. "Age Of Iniquity" ci riporta in una dimensione dove il vento trasporta rabbia e dalla terra nascono i frutti dell'odio. Ed eccoci arrivati all'ultima canzone, la title-track, e migliore conclusione non si poteva sperare, i tre ragazzi di Boston non si risparmiano e danno tutto quello che hanno, per cinque minuti di insana brutalità.

Un disco veramente pazzesco, a mio avviso una delle più grandi rivelazioni degli ultimi anni, stiamo a vedere cosa combineranno in futuro, ma se il buongiorno si vede dal mattino, penso proprio che sarà un futuro sfolgorante! 

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