Da un titolo così radioheadiano mi aspettavo roba da cannibali, invece eccomi servita una ciambella col buco... con dentro un'altra ciambella. Giochi linguistici e metanarrativi per spiegare senza spiegare la sceneggiatura a scatole cinesi del film di Rian Johnson.
Praticamente impossibile parlarne senza rischiare di rovinare la visione. Se andate avanti, fatelo a vostro rischio e pericolo. Un giallo che spolvera via la sua patina da Agatha Christie volutamente ostentata, quasi a mo' di parodia. La sconfessa piano piano, fino a rovesciare tutto, un sottosopra postmoderno che gioca sardonico con le aspettative, gioca col cinema e le sue strutture preconfezionate, logore.
In ogni momento, tutto è chiaro e nulla è chiaro. La verità è ingannevole anche nelle sue certezze, la distanza tra fatti esteriori (anche verificati) e motivazioni interiori (verità di secondo grado, più vere del vero fattuale) richiede una continua verifica. Ma tutto scorre quasi linearmente, sembra condurre un giallo completamente atipico, un giallo-non-giallo, incentrato non tanto sul whodunit, ma su una dinamica ulteriore, sul falsificare le prove da parte del colpevole, con cui solidarizziamo. Sulla speranza che l'autore del delitto la faccia franca, che l'investigatore si convinca del suicidio.
Ma l'autore è vero autore? Il suicidio è vero suicidio?
Un'esposizione semplice, originale fin dal concepimento, e quindi senza bisogno di forzare la mano. Arricchita di ironia, di empatia, di indagine caratteriale, di sottotesto sociopolitico. Poi la semplicità ha una torsione improvvisa, e dentro alla ciambella se ne trova un'altra. Più dolce.
Se poi per il cast prendi una prostituta olografica da Blade Runner e Bond da 007 (più tanti altri) be' significa che ragioni in grande. Un regista bravo, che sa usare le inquadrature, le scenografie, i primi piani (le facce non sono mai pleonastiche. Parlano). Johnson sa piegare la sua storia come vuole, con irriverenza. Sa pugnalare alle spalle il nostro immaginario e farlo sanguinare di gioia per il cinema.
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