"Quando ho fatto circolare l´idea di questo libro, ho trovato facce perplesse e un po´spazientite - "un altro libro su De André?". Non ho capito, non capisco. De André mi pare un mondo tanto grande, e dopo quest´anno di ricerche ancora piú esteso di quanto immaginavo."
Riccardo Bertoncelli
Credo che noi tutti nasciamo con particolari predisposizioni. Una mia, é un'avversione verso le forme di potere in generale. A tali inclinazioni innate, alle quali siamo soggetti, possiamo rapportarci con indifferenza, cercare di reprimerle o dargli sfogo nei piú svariati modi. In questo caso, mi sono limitato a cercare un perché, attraverso lo studio e la lettura. Mi sarebbe bastato un libro di storia per capire che questa mia diffidenza era sana.
Questa visione del potere mi ha fatto amare profondamente le parole di Fabrizio; ma c'é qualcosa di piú, un qualcosa di innato dentro di me che mi ha spinto piano piano, ad approfondire il suo mondo. E cosí, dopo aver ascoltato con passione tutta la sua opera, sono approdato a questo libro che non ho scelto e che mi sono fatto regalare.
Per me, questo non é un'altro libro su De André, ma il primo ed anche l'unico che ho letto.
A dire il vero sono sempre stato interessato di piú all'esperienza dell'ascolto che alle vicende dei musicisti, per questo cercavo un libro che mi permettesse approfondire di piú i testi di Fabrizio, poi piú avanti mi sono reso conto, che forse, non aveva molto senso, che i suoi testi sono quello sono e che non sarebbe stato bello sezionarli come si fá nelle antologie scolastiche. Cosí ho cominciato a capire che quella passione che ho coltivato per le cose di Fabrizio era solo in parte da ricercarsi nei testi delle canzoni. Il resto era nella sua voce, nelle sue melodie e anche in tutti i collaboratori che ha saputo scegliersi durante il percorso musicale della sua vita.
Il libro comincia con una breve introduzione di Bertoncelli, alla quale segue un'interessante e dettagliato piccolo saggio di Franco Fabbri. Il saggio parte da un disintendimento di Fabrizio che dichiara ad un giornale, dopo aver letto un suo saggio: "Franco Fabbri dice che non sono un musicista".
Una questione di categorie, di etichette. Perché se per musicista, genericamente si intende colui che scrive musica, basterebbe studiarne gli spartiti per comprenderlo. Non é il caso di Fabrizio né di molti altri (l'autore cita Luigi Nono) dove invece si rende necessario, per una completa comprensione, lo studio delle registrazioni. Questa considerazione serviva solo da spunto per alcune sue riflessioni, infatti é considerato da Fabbri uno dei musicisti Italiani piú importanti del novecento insieme a qualche suo collega, al giá citato Nono, Maderna, Puccini e Morricone.
Un'altra categoria sono anche i poeti, come vengono spesso definiti certi cantautori, solo che il luogo ideale della poesia é sulla carta mentre i testi di una canzone sono supportati dalla musica che ha un potere comunicativo molto piú elevato. Mi fermo quá, il tema é troppo complesso, come é complessa la figura di De André. Ci sta stretto nelle categorie anche per essere considerato un perfezionista, un grande interprete con una grande voce, un buon chitarrista, un ottimo autore di testi, uno che sá tirare fuori il meglio dalle persone e dalle situazioni. Uno che va in direzione contraria.
Un piccolo test che Fabbri propone é di prestare attenzione all'entrata della voce nel´"La canzone di Marinella". Sono rimasto colpito da questo piccolo particolare, che mi ha svelato la complessitá che si cela dietro un apparente semplicitá.
E cosí mi é ancora piú chiaro il perché mi piace De André.
Questo breve scritto di Franco Fabbri si chiude con una analisi dettagliata dei cambiamenti di tonalitá nella voce di Fabrizio lungo tutta la sua carriera.
Giungiamo nel cuore del libro, ossia alle interviste svolte da Bertoncelli a quei personaggi che sono stati compagni di viaggio di Fabrizio. Ovviamente in ordine cronologico, il primo non puó essere che Giampiero Reverberi, il quale non é stato solo l'arrangiatore di Fabrizio ma anche co-autore di molte musiche nel primo periodo, quello dove sembra si respirasse piú libertá, dove si facevano canzoni quando c´era l´ispirazione, per puro piacere e anche per divertirsi. Quel primo periodo dove Fabrizio usava la sua voce nei toni piú bassi, qualitá che pochissimi altri avevano e che é stata messa da parte a favore di una dizione piú sciolta, una grande perdita secondo Reverberi. Ma questa sua considerazione si deve pesare anche tenendo conto della sua rigidezza caratteriale e professionale. Strappa un sorriso quando dichiara che avrebbe preso a schiaffi Battiato per gli arrangiamenti di "Fleurs" e quando dice che sbatté fuori Dané dagli studi, mentre stava registrando "Tutti morimmo a stento", perché parlava troppo.
E proprio Dané é il secondo personaggio delle nostre interviste, colui che ebbe la meravigliosa idea di fare un disco basato sui Vangeli apocrifi, disco sul quale lui e Fabrizio lavorarono per un anno. Questo dovuto alla complessitá del lavoro e degli arrangiamenti e al fatto che Fabrizio, per come descritto dallo stesso Dané era molto indeciso, insicuro, piú per pignoleria ma anche per mancanza di attitudine decisionale. Strano, perché con Reverberi, registrarono "Tutti morimmo a stento" in cinque giorni, in presenza di un Fabrizio deciso e sereno.
E poi ancora le storie e la produzione di "Non all´amore..." e "Storia di un impiegato".
Un altro periodo per Fabrizio, considerato il piú leggero, quello dove cerca la collaborazione di Bubola per "Rimini" e "L´indiano", dischi dal sapore piú rock ma influenzati dalle culture nostrane. Massimo Bubola si sofferma di piú sulle musiche, composte per la maggior parte in Sardegna, che sulla figura di Fabrizio.
Segue l'intervista a Franz Di Cioccio, colui che ebbe l'idea di fare un disco con De André e che ne impulsionó la realizzazione. É sicuramente il piú simpatico di tutti gli intervistati e ci regala divertenti aneddoti su Fabrizio, la riuscita collaborazione con la PFM e le difficoltá di Fabrizio di rapportarsi con il pubblico, con questa figura seria e composta di cantautore in antitesi con il dinamismo e la spigliatezza di un gruppo rock come la PFM.
Nell´81, poi, Fabrizio decise di cambiare rotta al suo sentiero musicale insieme a Mauro Pagani. Inizia cosí una nuova fase che lo porterá a incidere quello che molti considerano il suo Capolavoro: "Creuza de Má", dove per la prima volta, ironicamente, non mette mano alle musiche.
E´cosí dopo il difficile parto de "Le Nuvole" arriva all´ultimo lavoro con Fossati. Ivano mette in chiaro molte cose, soprattutto riguardo ai loro contrasti che lui definisce come un educato tiro alla fune fra loro, dovuto a differenze concettuali e stilistiche, raccontando molte cose, piccole e grandi del retroscena di "Anime Salve".
Completano il libro una traccia biografica curata da Enrico Deregibus e la discografia di Mariano Brustio.
Questo libro mi racconta un Fabrizio piú umano di quello che mi ero figurato partendo dai suoi lavori, mi mostra un Fabrizio indeciso, titubante, che spesso si rifugiava nell´alcool.
Comprendo meglio che non tutte le cose che ci ha lasciato sono sue, ma frutto del lavoro e delle idee di molti che lo circondavano, e se in un primo momento sono stato colto da una sensazione di delusione poi mi sono accorto che una delle sue qualitá migliori é proprio quel saper tirar fuori il meglio dagli altri e dalle situazioni, anche le piú difficili. E si, proprio in questo Fabrizio é stato maestro. Vedremo se un giorno qualcuno riuscirá a raggiungere la sua maestria, chissa...
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