Vi pongo una domanda: “Celeste nostalgia” vale più o meno di “La luce dell’est”? Secondo me meno, ma è un opinione puramente personale. Eppure, queste due canzoni (lontane nel tempo ma non nello stile) sono quanto di più similare voi possiate credere.
Continuo con le domande: sapete chi è l’autore di “Celeste nostalgia”? Semplice:Mogol. Sapete chi è l’autore di “La luce dell’est”? Avete capito? Giulio Rapetti, meglio conosciuto come (Gran) Mogol, dopo aver troncato la relazione artistica con Lucio Battisti (forse lui nemmeno voleva, non voleva, ma se voleva… ) ha deciso prontamente, come un’aquila intenta a scrutare l’orizzonte, di intraprendere l’attività di autore per un forse ex-promettente italo-vietnamita di grandissimo successo (“Bella senz’ anima” e “Margherita” erano già dei classici a tempo inderteminato). Preciso: dico ex-promettente perché, secondo il mio sempre opinabilissimo punto di vista, l’italo-vietnamita (sveliamolo, trattasi di Riccardo Cocciante) ha avuto il proprio periodo artistico migliore tra il 1974 e il 1983.
Cocciante e Mogol scrivono insieme questo versatile e melodioso album d’alta classifica (forse il migliore di Cocciante) verso il finire del 1981. L’album, che otterrà uno strepitoso successo di vendite, verrà col tempo proclamato oggetto di culto o giù di lì. Chi non ha canticchiato almeno una volta (sotto la doccia, intenti a radersi prima di uscire a lavorare) “amore mio grande amica mia cara celeste nostalgia”? La forza di un tormentone sta nel martellamento costante: “Celeste nostalgia” sarà il tormentone di buona parte del 1982, un tormentone che, l’anno successivo, Carlo Vanzina utilizzerà come sottofondo finale malinconico in “Sapore di sale” (indimenticabile il volto di Jerry Calà che, casualmente, si incrocia con quello di Marina Suma). “Cocciante” non contiene, malgrado svetti su tutte, la sola “Celeste nostalgia” . Non è da sottovalutare l’atmosfera ariosa e vagamente battistiana del classicone “In bicicletta”. E anche l’ispirata “Un nuovo amico” non è malaccio: "non dico che dividerei una montagna/per un amico in più/ma andrei a piedi certamente a Bologna/per un amico in più”. Da recuperare anche “Uniti no, divisi no”, una di quelle composizioni che col tempo, chissà perché, sono andate perdute in qualche vecchia soffitta “a un passo dal cielo blu” (tanto per citare anche Paoli). Purtroppo, in un album che potrebbe persino essere considerato un mezzo miracolo, sono comprese alcune perle di mediocrità e banalità che lasciano sconcertati: è ridicolo pensare che l’accoppiata Mogol-Cocciante abbia potuto concepire una canzone come “Parole sante, zia Lucia” (il titolo è agghiacciante) o stupidaggini come "Amore amicizia". Non preoccupatevi: Cocciante non ha mai saputo dare alle stampe un album completamente riuscito (a tre canzoni dignitose se non bellissime si contrappongono sempre tre composizioni assai inferiori allo standard qualitativo della discografia italiana: che pure, a parte qualche raro caso, non è tutto ‘sto granchè). Dopo questo disco (quasi esaltante) Cocciante non né ha più imbroccata mezza (anche “Se stiamo insieme”, malgrado abbia trionfato a Sanremo 1991, non è niente di eccezionale) ma i suoi introiti non sono mai diminuiti. Con le operette (vedi alla voce “Il gobbo di Notre-Dame”) qualche milioncino di euro si raccoglie sempre. Vabbè, perdoniamolo. Averci regalato “Celeste nostalgia” è già tanto, forse troppo.
L’ultimo pensierino mi tocca sprecarlo per Mogol: caro Rapetti, “In bicicletta” sarà pure inferiore a “Il tempo di morire” ma è sempre meglio dell’ “Esercito del surf”. A buon rendere.
Carico i commenti... con calma