Com'è la vita dopo i Verve? 

Se ti chiami Richard Ashcroft, è una sicura carriera solista di successo, ma c'è successo e successo. Il successo dovuto a degli album belli ed apprezzati, o il successo dovuto a una base di fan che non ti abbandonerà mai qualsiasi bella cosa o cagata tu faccia. Ashcroft partì in quinta con il primo Alone With Everybody, grazie al riflesso dello stracapolavoro Verviano "Hurban Hymns" e alla spaccaclassifiche (più che altro radiofoniche, a dir la verità) "A Song For The Lovers". Poi, un secondo album interlocutorio, "Human Conditions", e tanti anni di silenzio (quattro, più o meno), che fecero calare l'ombra sull'altrettanto ombroso Richard. Poi, che ti fa il nostro? Anno di grazia 2005, e ti cava fuori una mega hit (perlomeno in europa), l'ottima "Break The Night With Colour", che lancia il nuovo lavoro "Keys To The World". Improvvisamente, di nuovo la luce sull'ex Verve. Ma è gloria vera o effimera? La verità sta nel mezzo.
Dei Verve rimane poco, e in tal senso si sente la mancanza di McCabe. La sorpresa è che l'album è più "accessibile" al grande pubblico di quanto non lo fossero i precedenti, grazie a buoni pezzi pop come il primo suddetto singolo, la bella "Music Is Power" (strani echi di Motown e Ben Harper) e la title-track. Quello che manca, forse, è invece la voglia di scavare nell'animo umano che impregnava i primi lavori del cantautore albionico, qua offuscata ora da arrangiamenti eccessivamente radiofonici ("Cry 'Til The Morning") o canzoni a dir poco lamentose e francamente inconcludenti ("Sweet Brother Malcolm", veramente da cappio al collo?). Da segnalare, in positivo, l'opener "Why Not Nothing?", wall of sound insolito per l'ex Verve, e la chiusura affidata a "World Keeps Turning", con echi Dylaniani apprezzabili.

In conclusione, un buon dischetto per gli amanti di certo brit pseudo-depressivo di fine millennio; si astenga invece chi la Union Jack la vuol vedere solo sui tettucci delle Mini.

Carico i commenti...  con calma