Come tante altre opere di Richard Strauss successive a Die Frau ohne Schatten, anche l'adorabile Die ägyptische Helena è rimasta molto ai margini del repertorio, ma ovviamente questo significa ben poco; pur senza replicare la grandiosita della FrOSch, o la carica seminale di Salome ed Elektra, Strauss ha continuato a comporre grande musica fino alla morte, cercando sempre di sperimentare, di aggiungere nuove sfumature alla sua già vastissima tavolozza. Ci sono molti segreti ben nascosti nel repertorio straussiano "crepuscolare", lavori assai curiosi e accattivanti, di cui Die Agyptische Helena, per cui ho un vero e proprio debole, ne è un perfetto esempio. Nelle mani di un regista in gamba, qualcuno che sappia come muoversi con stile entro i sacri ed inviolabili limiti del buon gusto e del rispetto per l'idea originale del librettista e del compositore, quest'opera ha tutto per dare vita a una performance teatrale deliziosamente eccentrica, anche solo per questo meriterebbe molta più attenzione e notorietà e poi, come ci ricorda wikipedia, è l'unica opera che tra i suoi personaggi annovera anche una conchiglia onnisciente, peraltro una bella particina per contralto.

Il libretto di Hugo Von Hofmannstahl ruota intorno alla stessa tematica cardine della Frau Ohne Schatten, l'armonia familiare come obbiettivo finale, ultimo coronamento della felicità raggiunto al termine di imcomprensioni e sofferenze; chiunque conosca la biografia di questo grande librettista e drammaturgo, può facilmente capire come mai questo ideale gli stesse così a cuore. Ma, sinceramente, più che per il simbolismo e la morale filosofica, Die ägyptische Helena (come anche la FrOSch) mi attira più da un punto di vista puramente estetico e immaginifico: abbiamo gli omerici Elena e Menelao che bisticciano come una qualsiasi coppia in crisi e uno scenario semi-surreale popolato da conchiglie onniscienti, folletti dispettosi e una maga che si improvvisa consulente matrimoniale, un mix improbabile che riesce perfettamente a intrattenere e stimolare l'immaginazione con estrema raffinatezza e piacevolezza. Tutte queste stravaganze sono probabilmente dovute anche al fattyo che Die ägyptische Helena sarebbe dovuta essere un'operetta nelle intenzioni originarie del dinamico duo, ma durante il processo di composizione si è gradualmente trasformata in un'opera semiseria che, in accordo all'antica tradizione ellenica di abbinare una commedia a una tragedia, rappresenta l'ideale controparte comica di Elektra, dato che entrambe reinventano i personaggi della gloriosa e disfunzionale dinastia degli Atridi; per altro, accoppiamenti simili esistono anche in Wagner (Tannhauser e Die Meistersinger von Nurnberg) e Britten (Peter Grimes e Albert Herring)

Sapete da cosa si riconosce un grande librettista? Prima di tutto, dalla capacità di creare personaggi che prendono vita a tuttotondo, multidimensionali, evitando il più possibile eccessive stilizzazioni di carattere simbolistico o iconografico, e qui Von Hofmannstahl, più che per l'arco narrativo generale, si fà apprezzare proprio per questo. Ognuno dei tre personaggi principali ha un profilo psicologico perfettamente tratteggiato e Strauss assegna le rispettive parti vocali in perfetta concordanza: Aithra, semidea benintenzionata ma immatura, naif e pasticciona è per un soprano lirico leggero; per la regale, altezzosa ma intelligente Elena serve invece una vocalità di peso maggiore, pur non essendo un vero e proprio ruolo drammatico, e in Gwyneth Jones, con quella voce potente e argentea, tagliente quanto basta negli acuti ha trovato una splendida interprete e l'inquieto Menelao, uno dei più bei ruoli tenorili straussiani, richiede grande dinamismo, una buona agilità e ricchezza interpretativa più che potenza pura, qualità non poi così scontate in un tipico heldentenor.

Anche qui Strauss si avvale di un'orchestrazione imponente, ma stavolta la usa una in maniera più calibrata rispetto ai contesti ben più drammatici di Salome, Elektra e FrOSch; in ägyptische Helena gli archi risaltano molto più degli ottoni, usati principalmente nei fortissimi che sotttolineano i momenti più tesi. Qui la volta sonora straussiana esprime una sensualità ammaliante e pervasiva mischiata a una buona dose di ironia. Per quanto riguarda la sensualità basti pensare a "Zweite Brautnacht", la splendida aria di Elena che apre il secondo atto, con una linea vocale quasi belcantistica, perfetta espressione di quella raffinata magificenza tipica dell'orchestralità straussiana e della poetica visionaria di Von Hofmannstahl, o anche al monologo a tempo di walzer di Aithra immediatamente successivo al naufragio di Elena, carico di un'attrazione sottilmente saffica; per l'ironia c'è l'iniziale scambio di battute tra la stessa Aithra e la conchiglia onnisciente, un quadretto deliziosamente capriccioso, la tensione si trova in tutti i dialoghi tra Elena e Menelao, e si scioglie quando i due ritrovano sè stessi rinunciando ad occultare il passato con espedienti ed illusioni.

Ma, come sempre con Richard Strauss, di cui nessuna opera, neppure quelle "minori" come questa, può essere considerata trascurabile (a parte Guntram, che è solo un acerbo peccatuccio di gioventù), il fascino sta tutto nell'insieme, in quell'ampio, arioso affresco sonoro che coccola i sensi e l'intelletto. Credo di averlo già fatto capire abbondantemente, ma ribadisco che per me ascoltare Die Agyptische Helena è sempre un'autentica gioia, poco importa se non rientra tra i massimi vertici, tra gli episodi più storicamente significativi del suo autore. Dopotutto, neanche nell'opera, non si vive di soli capolavori (anche se, per quanto mi riguarda, questo lo è), e guai a prendere per legge la critica ufficiale e il repertorio standard.

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