Richard Thompson è uno dei musicisti contemporanei più longevi della Gran Bretagna, essendo attivo sin dalla fine degli anni sessanta, dapprima con i Fairport Convention, a seguire in coppia con la ex moglie Linda Thompson, e infine da solista fino ai giorni nostri. Cresciuto ascoltando Django, Les Paul e i primi rock and roller, ha poi affinato uno stile riconoscibile che combina flat e finger style e si inoltra nei territori più impervi del folk rock. Certo il tempo lo ha relegato in quella categoria di artisti che godono dell'amore incondizionato di una selezionata schiera di appassionati, oltre che del rispetto ed ammirazione degli addetti ai lavori. Non certo una rendita la sua, bensì il risultato di doti non comuni sia a livello di composizione che dal punto di vista strumentale.

“Mock Tudor" viene pubblicato nel 1999 ed è nientemeno che l'ennesimo disco di valore in una lunga e dignitosa carriera. Per il sottoscritto anche il migliore, se escludiamo quelli con il gruppo di origine. Un lavoro che presenta arrangiamenti più scarni ed essenziali rispetto alle produzioni precedenti, grazie al lavoro in fase di mixaggio della coppia Rothrock e Schnapf. Non vi ricordano niente ? No? E se vi dico Either / Or ? Elliott Smith? I due riescono a mettere in risalto l'innata eleganza di Thompson ed il suo fraseggio carico di emozione fa il resto. Quello che ne esce fuori è un disco senza veri e propri punti deboli.

In un posto senza futuro, è qui che sta il nostro futuro.

Thompson ci accompagna nel suo viaggio per i luoghi e i suoni di Londra con un disco avvolgente come delicata pioggia primaverile. E' una Londra proletaria quella che ci racconta il cantautore, un ciclo di canzoni sugli eroi suburbani e i loro sogni, segnali di vita quotidiana che mescolano una quota di aspro romanticismo ad un ben più presente e spiccato cinismo. Storie che attraversano le pieghe dell'animo e che si incentrano sui temi dell'imperfezione umana e sociale. I panni con cui ci travestiamo per affrontare un nuovo giorno, in questa vita dove tutto sfuma, affievolisce, diventa inafferrabile. E noi ricominceremo ogni giorno a far finta di niente, perchè questo sistema non viene a patti con la nostra umanità.

La vita è mortale come sembra, ma la finzione è più indulgente.

I brani prendono le forme più diverse, a tratti inaspettate, come nella ritmata “Crawl Back", una canzone che sembra provenire dal repertorio dei Police. Le liriche crude invece a tratti contrastano con l'allegria in superficie di alcuni pezzi. E' il caso dell'iniziale "Cooksferry Queen", la regina ai cui piedi danzano serpenti, che si svolge come un brano dal sapore irlandese e un andamento quasi rockabilly, impreziosito dai funambolici voli di un'armonica. Le donne si confermano le protagoniste dei racconti narrati in Mock Tudor, siano esse ammalianti creature della notte (“Batsheeba Smiles”) o pretenziose borghesi appena arrivate in città (“Sibella”). Thompson ad ogni modo non dimentica nemmeno le proprie grandi abilità tecniche e sfoggia uno degli assoli più riusciti nella superba “Hard on Me”, certamente tra i brani più belli del disco.

Hope You Like The New Me.

Ci piace il nuovo Richard Thompson, un artista che ha saputo preservare la propria purezza e che ha fatto della continua ricerca di emozioni il suo credo, alla maniera dei vecchi trovatori. Come capita a molte icone della vecchia guardia, ha perso i riscontri commerciali e di pubblico dei bei tempi andati, ma se vogliamo questa nuova dimensione più intima e ricercata mette ancor più in risalto le sue invidiabili capacità espressive. E a 71 anni suonati non possiamo certo chiedergli di più.

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