Si fa presto oggi a parlare di artisti maledetti.
Penso a quanto scritto in questi giorni dai quotidiani su Amy Winehouse, ad esempio; pur rispettando il lutto di fan e spacciatori londinesi non posso esimermi dall'abbandonarmi ad un sorriso di compassione.
Il mio pensiero va a qualcuno che maledetto lo era davvero, Riccardino Wagner: alla facciazza di tutti gli sfigatelli sesso, droga e rock and roll che si credevano tanto toghi negli anni '60 e '70 del secolo scorso (ma a quanto pare anche oggi).

Il crepuscolo degli dei è la quarta ed ultima parte della tetralogia dell'anello del Nibelungo. Per chi fosse intenzionato all'acquisto della suddetta tetralogia consiglio la versione su Deutsche Grammophon con la filarmonica di Berlino diretta da Herbert Von Karajan, per un totale di 14 cd più libretti delle varie opere; acquisto consigliato esclusivamente a chi ha già terminato di pagare il mutuo della casa o attende trepidante che schiatti la prozia per ereditarne la villa.

Dunque, in "Sigfrido" avevamo lasciato Wotan (che poi sarebbe nientepopòdimeno che il nome germanico di Odino, lo scrivo subito per fare contenti tutti i metallari di DeBaser) al culmine del suo potere; il Götterdämmerung comincia con un prologo in cui le Norne, figlie di Erda, riunendosi sulla rocca di Brunilde tessono i fili del destino; esse prevedono la caduta degli dei per volere di Wotan, poi però il filo si spezza e le Norne non potendo più darsi all'uncinetto (attività principale di ogni essere umano o divino di sesso femminile che si rispetti) scompaiono disperandosi.
Brunilde saluta il biondo Sigfrido (una specie di Maurizio Merli ante litteram ma con la spada al posto della pistola) in procinto di partire per una nuova avventura e lui le lascia l'anello preso al drago Fafner come pegno d'amore.

Il primo atto comincia con Gunther, signore dei Ghibicunghi (antico popolo che viveva sulle sponde del Reno dedito alla pastorizia e al culto dei Manowar). Gunther aveva un fratellastro un poco stronzo, Hagen, deciso a mettere zizzania che gli consiglia di sposarsi e fare sposare sua sorella Gutrune e per il suo scopo gli suggerisce ovviamente i nomi di Brunilde e Sigfrido. Da qui cominciano le sfighe dei due innamorati fra pozioni d'amore magiche (tipo quelle vendute per corrispondenza da Vanna Marchi e il mago Do Nascimiento solo che allora non c'era il corriere e l'opzione del pagamento in contrassegno quindi dovevano funzionare per forza pena l'impalamento), sovrani malvagi, valchirie e ninfe rompicoglioni e l'anello conteso, causa di tutti i mali, che continua a passare di mano in mano portando sfiga un po' a tutti.

Non vi starò a raccontare come va avanti la storia perchè è molto lunga e complicata ma se avete seguito quella ciofeca di Lost potrete tranquillamente venire a capo anche di questa.
Alla fine muoiono tutti (ma lo sapevamo già); la marcia funebre di Sigfrido è uno dei vertici non solo dell'opera ma di tutta l'arte wagneriana.
Sigfrido viene arso sulla pira e Brunilde, sentendosi in colpa, salta in groppa al suo cavallo Grane e si getta fra le fiamme anche lei. Si dice che Wagner abbia eliminato dal libretto definitivo le ultime parole di Grane che recitavano più o meno: "Non c'è più rispetto per i cavalli".

Il fuoco si estende, il Reno straripa, l'anello cade in acqua e Hagen (che evidentemente non era Esther Williams), nel tentativo di recuperarlo, annega.
L'anello viene recuperato e portato in salvo dalle ninfe mentre il fuoco invade anche il Valhalla causando la distruzione di tutti gli dei, i quali maledicono loro stessi per non avere portato nel Valhalla nemmeno un cazzo di estintore.

Dopo quasi 5 ore, se siete arrivati alla fine integri fisicamente (con i cd non è difficile ma a teatro vi consiglio di bere poco e, se avete una vescica poco resistente, di mettervi un pannolone terza età per evitare di fare alzare tutta la fila ogni volta) e con la mente abbastanza lucida probabilmente sarete arrivati a cogliere anche la morale ed il messaggio dell'opera: se dovete partire e volete che la vostra donna non vi tradisca col primo che passa, come pegno d'amore regalatele un paio di orecchini.

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