Alla fine del trionfale tour di “The Division Bell” Richard Wright ha ancora energia e ispirazione da sfogare nella costruzione di “Broken China”.
A detta di Wright la creazione di “The Division Bell” era stata un momento di rinascita creativa ma, tuttavia, non ne era completamente contento: il materiale composto da lui e da Gilmour consentiva la pubblicazione di un doppio album che, nelle intenzioni originali, doveva essere caratterizzato da una parte che esaltasse di più il formato canzone e da un’altra parte che esaltasse di più le composizioni di stampo “ambient” . Alla fine invece si arrivò alla soluzione di un unico album che univa le due parti, penalizzando però non poco l’aspetto “ambient” (molti brani scartati sono tuttora inediti). Un ulteriore motivo di insoddisfazione derivava dalla volontà, solo parzialmente rispettata, di unire le diverse tracce con “ponti sonori” e di strutturare un vero e proprio concept album, con un argomento portante, come accadeva con gli album con Roger Waters. Alla fine l’album conterrà alcuni motivi portanti (il principale dei quali era l’incomunicabilità) ma non si poteva parlare di un concept album.
A partire da questi presupposti e colpito dal dolore derivato dall’angoscia depressiva di un amico, Wright incomincia a scrivere questo concept album, coadiuvato dal paroliere e produttore Anthony Moore, collaboratore dei Pink Floyd negli ultimi due album. L’album è dedicato a “tutti coloro che hanno avuto il coraggio di affrontare il proprio passato” e racconta la crescita e l’evoluzione di un uomo stretto in una spirale depressiva da cui alla fine saprà liberarsi: come in alcune delle opere di Waters, anche qui ci sono poco velati riferimenti alla propria vita (“Wearing the inside out” a tal proposito può essere considerata fortemente legata a questo album).
L’album si apre con la strumentale “Breaking waters”, collage sonoro che riunisce alcuni inserti sonori presenti in tutto l’album e sorta di presagio e specchio futuro della vita del protagonista raccontato dall’album. Da notare che una sorta di introduzione simile era stata composta da Nick Mason per “Dark Side Of The Moon” (“Speak to me” ). “Night of a thousand furry toys” è dominata da ritmiche molto squadrate e da un’atmosfera cupa e fredda ravvivata solo dal vociare dei bambini e dalla calda chitarra di Tim Renwick. “Hidden fear” e “Blue room in Venice” sono canzoni con atmosfere eteree e cupe in cui il dolore e l’accidia depressiva sono palpabili ad ogni istante. “Runaway” , “Unfair ground” e “Satellite” sono strumentali che si susseguono dipingendo paesaggi desolati e nebbiosi da cui emergono rumori ambientali di grandissima atmosfera e fraseggi di chitarra molto suggestivi. “Woman of custom” è una lenta e delicata canzone in cui le incerte melodie vocali di Wright si legano a quelle di Maz Palladino. Altre due strumentali sono “Black cloud” e “Drowning”, movimenti strumentali dalle atmosfere simili alle precedenti e con funzioni di collegamento con le canzoni “Far from the Harbour wall” e “Reaching for the rail” . La prima di queste mette in evidenza la bella sessione ritmica composta da Manu Katche e Pino Palladino (turnisti dall’enorme e nobile curriculum) e i suoni in primissimo piano delle tastiere di Wright. La seconda invece è una bellissima canzone in cui Wright duetta con Sinead O’ Connor: il tono della canzone è epico e solenne (interessante la piccola parentesi in cui la canzone scivola in secondo piano e si ascolta il vociare della gente ad una festa con annesso il suono di un pianista che allieta il tutto) e l’interpretazione della O’ Connor è misurata e dolce. “Sweet July” è una strumentale straordinaria, nella migliore tradizione dei Pink Floyd (può essere accostata a "Marooned"): l’ interpretazione del chitarrista Dominic Miller è semplicemente sublime. Dopo una simile strumentale sfigura un po’ la canzone “Along the shoreline” caratterizzata da ritmiche troppo squadrate e compatte e da suoni di tastiera troppo freddi (anche la voce di Wright è in alcuni passaggi “filtrata” e fredda). L’ album termina con “Breakthrough” , la canzone più rappresentativa dell’album. Il brano è interpretato per intero dalla bella voce di Sinead O’ Connor ed è attraversato dalle dolci chitarre di Renwick e Miller. Il brano doveva contenere un assolo di chitarra di Gilmour, che però è stato eliminato in fase di montaggio a causa di una prestazione del chitarrista poco ispirata. Gilmour comunque rimase colpito dalla bella canzone di Wright, e con lui la reinterpreterà dal vivo nei suoi concerti del 2002.
Per finire, un album bello e intenso, che spicca fra la discografia degli album solisti dei Pink Floyd.
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