Poliedrico.
Questo è il primo termine che mi viene in mente per definire Richie Kotzen. Sì, perché il piacente capellone di cui vado a parlare non è solo un chitarrista dalla tecnica sopraffina, ma è dotato anche di una voce di tutto rispetto, calda e dalle sfumature soul/blues. Se teniamo poi conto di una certa abilità anche al pianoforte, al basso e alla batteria, possiamo dedurre che egli non è solo un mero virtuoso della seicorde, ma un vero e proprio musicista a 360°, adatto a quasi ogni contesto musicale.
Questa peculiarità si manifesta in modo evidente nei suoi innumerevoli progetti, che spaziano dai dischi fusion registrati con Greg Howe, passando per l'R&B di Wilson Hawk, la sua partecipazione nel complesso dei Vertù capitanati da Stanley Clarke, i suoi periodi di militanza nei Poison e nei Mr.Big e molto altro ancora!
Ciò che tuttavia (e comprensibilmente) ha le maggiori attenzioni di Richie è la sua carriera solista di oltre vent'anni, con ben venticinque lavori all'attivo tra registrazioni in studio, raccolte e vari live, che arriva al 2011 con l'ultima fatica "24 Hours".
Quello che vado a recensire è il lavoro precedente, tale "Peace Sign", uscito nel 2009. Questo album si pone in un momento particolare della carriera del nostro, ovvero dopo l'uscita di "Into The Shadow" nel 2006 (dove Richie mette da parte il suo tipico approccio funambolico sulla chitarra a favore della melodia pop/rock e dell'orecchiabilità) e di "Return of The Mother Head's Family Reunion", lavoro decisamente più "funky rock'n rolla", nel 2007.
In "Peace Sign" Kotzen ha scelto quindi di lasciare il dovuto spazio ad entrambe le "filosofie": il risultato è un lavoro piuttosto eterogeneo, non certo originale ma ben suonato e molto personale. Ad un primo ascolto possiamo accorgerci di un particolare interessante, ovvero di un inconfondibile tono crunch molto "hendrixiano" (d'altronde Jimi è un'ispirazione che Richie non ha mai nascosto) utilizzato per snocciolare un variegato repertorio composto da funky grooves, lente ballate malinconiche, hard rock massiccio e quant'altro le enormi mani di Kotzen (davvero enormi!) siano in grado di riprodurre.
Curioso notare come il fraseggio blues/rock condito da sweep e legati viene ulteriormente arricchito da sonorità più "jazz" e tecniche fusion (in certi passaggi è possibile riconoscere il vibrato/slide tipico del già citato Greg Howe). Il degno accompagnamento di un lavoro chitarristico così curato è un cantato espressivo e molto intenso, in grado di sciogliere i cuori così come di aizzarli con foga a seconda della situazione.
Richie si dimostra un cantante dalla voce potente e molto versatile, simile per certi aspetti a nomi più celebri della scena come Glenn Hughes o il Chris Cornell dei tempi andati. Inutile consigliare l'ascolto di un pezzo rispetto ad un altro (anche se non nascondo di avere un debole per la title track e "Long Way From Home"), in quanto si perderebbero molteplici dettagli di questo lavoro così diversificato.
"Peace Sign" è un album che può incontrare sia i favori di chi cerca del buon rock energico e piuttosto tecnico, sia di chi è avvezzo a melodie più orecchiabili. Il giusto compromesso raggiunto dal talento di uno dei migliori chitarristi attualmente in circolazione e di un musicista eccellente.Carico i commenti... con calma