Non ho idea di quando sia stata l'ultima volta che Rickie Lee Jones (da ora solo RLJ) è passata dall'Italia. Fatto sta che, data la tiepida accoglienza del suo ultimo "the other side of desire" e la condizione attuale delle strutture e degli spazi a disposizione per questo tipo di show (quanti "grandi" oramai danno forfait alle location italiane?), non mi ha sorpreso la sua assenza all'interno del calendario nazionale di concerti da non perdere. Ad ogni modo, se Maometto non va alla montagna..., eccetera.

L'Ilsington assembly Hall è la tipica ballroom degli anni '30, sobria e molto accogliente, pavimento in legno, posti in piedi e balconata. Capienza 800 persone circa. Per l'occasione si raduna un pubblico di età matura fra i 35 e i 70 anni. Si scorge una certa euforia ed una piacevole eccitazione per l'evento. Eccitazione che io condivido. Ci fanno sapere che il guest previsto non ci sarà (molto bene). Di contro si ha più tempo per osservare l'allestimento palco: chitarre di varia natura (acustica, 12 corde, elettrica a disposizione di RLJ), un pianoforte a coda (RLJ), un'altra chitarra, uno stage piano, basso/contrabbasso, batteria, violino, ukulele. Saranno in 6 sul palco.

Si comincia alle 20.00 (Deo gratias!) e l'attacco è già sensazionale: Weasel And The White Boys Cool e Last Chance Texaco dal suo debutto del 1979. Cosa si vede sul palco: una signora di 60 anni dalla gestualità minima ma con un gusto chitarristico impressionante. La voce come sempre "sgraziata" eppure precissima, capace di toccare gli abissi di Tom Waits (del quale fu compagna sentimentale) e i sovracuti simil-Minnie Riperton. E' questa la cosa che a mio parere sorprende da subito. Anche lei, così come altri/e che non hanno abusato del loro strumento (mi viene da pensare a Alison Moyet), ha mantenuto il timbro duttile e cristallino.

La prima parte vede RLJ alle chitarre. Si susseguono pezzi tratti dal primo album omonimo, This must be love dal poco fortunato "The magazine" ed i più bei brani del dignitosissimo "the other side of desire" Valtz de mon Pere, Infinity. Gli arrangiamenti prevedono lunghe suite fumose con New Orleans nel cuore. Là dove l'ultimo disco è stato concepito. Nella parte centrale il set diventa davvero toccante con RLJ al piano e tutta la band accorata che la segue con devozione: Living it up, We belong together, On Sunday Afternoon..., Coolsville.

Rickie è parca di parole, lascia che sia la musica l'unica protagonista. C'è aria di nostalgia. Non nuoce. Imbraccia di nuovo l'acustica ed esegue una minimale ma eccellente Satellites da uno dei miei preferiti (Flying Cowboys). Le assi dell'Ilsington ricominciano a scricchiolare sull'evergreen "Danny's all-star joint". Si muove il piedino con affetto e senso di appartenenza. Non vi è nemmeno uno smartphone/tablet sollevato.

Siamo sul finale. Il palcoscenico si spoglia e la lascia sola per una rilettura di Simpathy for the devil dei RS. Ringrazia, dice che vorrebbe suonare tutta la notte. Lo vorremmo anche noi. Ancora un inchino ed esce. Nessun atteggiamento da diva e rientra subito per il bis: una commovente versione di The moon is made of gold scritta da padre.

Si accendono le luci. Il pubblico abbandona la sala appagato da due ore di scorribande sul Mississippi. Grazie di cuore Rickie Lee Jones.

Setlist:

  1. Weasel and the white boys Cool
  2. Last Chance Texaco
  3. Jimmy Choos
  4. It must be love
  5. Valtz de Mon Pere
  6. Chuk E's in love
  7. On Saturday Afternoons 1963
  8. Infinity
  9. We Belong Together
  10. Coolsville
  11. Walk Away Renée
  12. Finale; (A Spider In The Circus Of The Falling Star)
  13. Satellites
  14. I wasn’t here
  15. Easy Money
  16. Je connais pas
  17. Danny's All-Star Joint
  18. Sympathy for the Devil
  19. The Moon Is Made of Gold
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