Chi è Ricky Gianco? È il cantante beat che saccheggia i successi stranieri e sforna 45 giri negli anni 60? È uno dei fondatori e poi dei ribelli del 'clan' di Celentano che ad un certo punto sbatte la porta e se ne va? È l'autore di alcune delle più famose canzoni italiane? È uno che a Londra andava in giro coi Beatles e vende tre milioni di copie in pochi anni? Certo è tutto questo. Ma è anche l'autore e l'interprete di due memorabili LP usciti a cavallo degli anni settanta, in cui la sua genuina vena rock si accompagna ad una forma canzone decisamente in linea coi tempi duri di cui sopra, e la sua voce calda e matura si impegna su testi di ottimo livello.

Il primo di questi LP esce nel 1976 e già da titolo "Alla mia mam. . . " Non è difficile intuire una delle caratteristiche premianti di Gianco, la sua vena ironica, affidata non solo ai testi graffianti e intelligenti (con lo "zampone" di Gianfranco Manfredi. . . - prima o poi arriva. . . ) ma anche a un interpretazione calda e capace di indignarsi come di divertirsi. Apre l'album la struggente "Un amore", lunga e sofferta confessione accompagnata unicamente dalla chitarra. È la storia di un innamoramento clandestino e combattuto magistralmente interpretata da Gianco. Cambiano toni e ritmi nel secondo pezzo "Campo Minato" pungente richiamo a intervenire sulla realtà e nel terzo, la scanzonata (ma a suo modo epica) "Fango" dove il fango stesso non è altro che lo spettro di marxiana memoria che continua ad aggirarsi "per la strada, lungo i muri e nel quartiere". Da cantarsi ai margini della barricata. Ma l'emozione cresce ancora nel pezzo successivo "Repubblica" una fotografia dell'Italia, composta da strofe cantate da Gianco nei diversi dialetti del paese: dal milanese al veneto, dal napoletano al sardo scritti fra l'altro da Lino Toffolo (!) e da Franco Trincale (quelli di Milano dovrebbero conoscerlo. Comunque è un tipo che da tempo immemorabile fa il cantante di strada) dove si parla di povertà, lavoro e delinquenza. Canzone anche musicalmente molto riuscita, dal ritmo trascinante e con un bellissimo stacco centrale.

"Mangia insieme a noi" e "Nel mio giardino" sono due motivi più lenti che mettono in evidenza una vena più pacata e intimista. La prima sdrammatizza l'eccessiva politicizzazione dei rapporti umani, tipica di quelli anni, la seconda è dedicata alla sua città, una Milano squallida e grigia eppure amata. La successiva "Ospedale Militare" è invece un roccaccio dedicato a una fuga di naia dove Gianco può mettere in campo un notevole istrionismo interpretativo, così come nella successiva 'Un pipistrello in abito da sera' bizzarro miscuglio di rock e stornelli romani. Chiude l'album "Davanti al nastro che corre" già presente in un'altra versione nel bizzarro "Disco dell'angoscia" opera collettiva pubblicata un paio di anni prima per sancire la nascita dell'etichetta alternativa 'l'ultima spiaggia' guidata da Nanni Ricordi. Si tratta di una ballata rock dedicata al lavoro operaio, alla catena di montaggio che trasforma i lavoratori in automi alienati dai tempi della produzione. "Chi dice viva il lavoro (almeno questo tipo di lavoro aggiungiamo noi) - canta Gianco - "non sa che cosa sia".

Un ottimo album, testi intelligenti, una grande interpretazione di un autore dai mille volti, un gran lavoro dei musicisti, tra cui lo stesso Gianco, Claudio Dentes e Lucio Fabbri. E trasmette emozioni. Non è poco.

Carico i commenti...  con calma