Io ti rincontrerò un giorno… ma non ancora. Non ancora.
Anol shalom
Anol sheh lay konnud de ne um (shaddai)
Flavum
Nom de leesh
Ham de nam um das
La um de
Flavne...
Si chiude così quello che può a buon titolo definirsi il miglior film di tutti i tempi.
O comunque, senza dubbio, il miglior film di Ridley Scott.
Secondo alcuni il signor Scott avrebbe fatto altri film, persino migliori di questo.
Mah… lasciatemi dire un grosso Mah
Titoli buffi e improbabili come “I Duellanti”, “Alien” o “Blade Runner”, sarebbero questi?
Ok, li ho personalmente visionati tutti con minuziosa attenzione e, francamente, mi sono parsi lungometraggi di bassa qualità con attorucoli dimenticabili.
E son sicuro che il mio sia un parere largamente condiviso. No?
Insomma si tratta delle solite opere “minori” esaltate da testoni fumanti, circoli intellettuali, gente avvezza ad happening collettivi che, nella propria distorta visione della realtà, alterata da uso di cannabis e valeriana, confonde frizzi per lazzi.
Detto ciò, Gladiator è un kolossal epocale, ma anche epico. Da qui consentitemi il neologismo “epicale”.
'Al mio segnale scatenate l’inverno' resta la frase più amata dai meteorologi.
'Ciò che facciamo in vita, stigrancazzi una volta morti' è la tipica massima di Massimo ed è incontestabile nella sua inebriante saggezza popolare.
Ah attenzione, un avviso importante: nonostante il titolo, Gladiator non è un porno.
Avviso n.2: quanto segue contiene spoiler.
Avviso n.3: contiene anche conservanti.
Avviso n.4: nessuna dei precedenti avvisi è vero.
Gladiator è la storia di Massimo Decimo Merdinho, un autentico guerriero indomito, generale di un fracco di armate che a dirle tutte mi si incarta la digestione.
Massimo è chiamato da tutti “ispanico”, per via dei suoi lineamenti asiatici.
Massimo è interpretato da Jack Russel Crowe, noto ai più per non essere il sosia di Steven Seagal.
Ma soprattutto, Massimo è un uomo al quale hanno ammazzato la moglie, bruciato il figlio, violentato il cavallo, sfregiato il cane, torturato il nonno, distrutto la casa, rigato la macchina, fatto pipì nel frigorifero e rapito i nanetti da giardino.
È normale che uno poi si incazza, no? [evvogliovedereavvoi voglio, ndr]
Quindi decide di vendicarsi.
In realtà l’unico colpevole è Commodo, il figlio coglione - fra simili ci si riconosce - e anche un po’ ghei di Marco Aurelio.
Ma il nostro Massimo, per riscaldarsi bene, comincia prima col combattere e uccidere altre centocinquanta persone capitate lì per caso.
Dopodiché, non ancora soddisfatto, se ne va un po’ in giro per arene infernali a spaccare teste e a strappare cuori con le proprie mani. Insomma, si scatena alla grande.
Tant’è che al duello finale con Commodo ci arriva un po’ spompato.
E muore.
P.S. Nonostante ciò, Ridley Scott girò lo stesso il sequel e, per poter ovviare al piccolo inconveniente della morte del protagonista principale, escogitò due trucchetti niente male: fece passare 10 anni, così più nessuno si ricordava un cazzo e, per ulteriore sicurezza, chiamò il sequel “Robin Hood”.
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