"...And all you remember when we were young
How we wanted to set the world on fire
Because I still am and I still do..."
Sembra una dichiarazione di intenti questa dei Rise Against, quasi un avviso, a spiegarci che si cresce, si matura, succedono tante cose che per forza di cose ti cambiano e ti fanno riflettere. Il fuoco e le fiamme dei primi dischi si erano già spenti nel 2008 con "Appeal To Reason" episodio spesso troppo criticato, ma comunque tutt'altro che mediocre, e la strada incanalata dal predecessore, che piaccia o meno, vieni qui ripresa.
Non si può più parlare più di un disco pienamente hardcore melodico, benché le influenze continuino a essere presenti tra i suoi solchi, nonostante le soluzioni adottate vadano spesso a strizzare l'occhio ad un tipico modern rock.
"Endgame" nonostante rimanga lontano dai picchi di "Siren Song Of The Counter Culture" rimane comunque un disco piacevole, piazzando anche un paio di canzoni, che siamo sicuri faranno sfracelli in sede live. Riferimento nemmeno troppo celato verso la stupenda "A Gentlemen's Coup", senza dubbio l'apice del lavoro, con le sue chitarre a singhiozzo che preparano il terreno per un magnifico ritornello dai toni non molto scanzonati bensì quasi apocalittici.
Probabilmente sono queste le canzoni insieme ai singoli "Help Is On The Way" e l'opener "Architects" (che diciamolo pure ci aveva illuso al pari del precedente 7" sul ritorno a certe sonorità) e la cavalcata al fulmicotone "Disparity By Design" Good Riddance ultimo periodo oriented, ad essere maggiormente apprezzate dai vecchi fan e anche dal sottoscritto.
Le nuove soluzioni non sempre producono risultati eccellenti, è il caso di "Midnight Hands" che porta in dote dei chitarroni hard-rock, e a tratti può ricordare qualcosa degli ultimi Comeback Kid, risultando non brutta, tuttavia più un taglia e cuci che un'unica canzone. Mentre risulta apprezzabile in tal senso l'esperimento su "Survivor Guilt" che crea un atmosfera di tensione, prima della distensione in scia ai ritornelli.
Bene "Make it stop (September's Children)" arricchita da voci bianche e la ballad dai toni soffici "Wait For Me" molto probabilmente prossimi singoli, dal potenziale radiofonico, meno la sopravvalutata "This is letting go" e la title-track "Endgame" che chiudono l'opera.
I testi trattano argomenti attuali e scottanti, si va dai disastri naturali, uragano Katrina e disastro della petroliera in primis, toccando anche altri temi come quello del suicidio e dell'omosessualità.
Cosa manca ai nuovi Rise Against, che i vecchi avevano? Le risposte potrebbero essere molteplici. Il fatto di essere sulle scene da più di dieci anni, sicuramente conta, come il fatto che quello spirito di curiosità che accompagnava i dischi precedenti col tempo è venuto meno, ma questo è in parte naturale. I cambi della line-up hanno fatto il resto, soprattutto nel songwriting (questo è il secondo disco in cui vi è Zach Blair, non a caso è da ATR, che è iniziata la contaminazione con influenze musicali esterne). E poi McIlrath non incanta come in passato, si sente la mancanza di quegli acuti, di quella voce sofferta, a tratti strozzata, che aggiungeva un'indole emozionale ai testi da lui interpretati. In definitiva è difficile fare meglio che in passato, ma questa mia considerazione è più tesa ad esaltare quello che fu, che a sminuire troppo il presente.
Nonostante tutto, mi piace comunque vedere il bicchiere mezzo pieno, promuovendo "Endgame", dovendo riconoscere che nonostante rimanga lontano dai picchi del periodo 2003-2006, per la media del genere è un lavoro comunque con una sua dignità e apprezzabile.
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