Esiste la verità assoluta, l'oggettività indiscutibile e provata con i fatti, oppure siamo piccole gocce individuali e che vanno a formare un oceano vario e multiforme fatto di visioni soggettive? Siamo i figli e i discendenti delle teorie Darwiniste sull'evoluzione della specie o un dono di grazia e misericordia del creazionismo di Gesù Cristo? Difficile rispondere a queste domande, come è arduo mettere tutti d'accordo quando si parla di musica punk rock e di Rise Against.

Amati da buona parte della critica e da schiere di fans e visti come la nex big thing in ambito hardcore e visti non troppo bene da una minor parte di pubblico e tacciati di essere un banale esempio trito e ritrito di hardcore. Parlavamo all'inizio di soggetti singoli e conglomerati, dell'io e del noi altri, di gocce e di distese oceaniche, eccovi la mia goccia allora:

"Revolutios Per Minute" è il secondo disco dei Chicagoani sempre sotto Fat Wreck records segue "Unreveling" e precede il successivo "Siren Song Of A Counter Culture" sotto major. Tuttavia, notizia recente la band è tornata di nuovo sotto la supervisione della label di Fat Mike.

Una compilation di adrenalina ed emozioni allo stato puro in salsa new school hardcore (con acceni 'old'), episodi da sing along, potenza, melodia e velocità ecco gli umori e gli elementi portanti del platter. Il gruppo con cui si possono trovare i maggiori punti di contatto sono senza dubbio i Good Riddance di Russ Runkin.

Questo è il classico disco che si mostra alle orecchie proprio come tu vorresti che fosse prima ancora di inserirlo nello stereo. Difficile eleggere un pezzo principe, visto che nessuno sfigura rispetto agli altri, ma i prime tre episodi già chiariscono le coordinate del disco. Impossibile non farsi catturare dalle grandi linee chitarristiche e dai super refrain di "Black masks & gasoline" e "Heaven knows" e dalla devastante e urlata "Dead ringer" che porta alla mente i Sick Of It All, con un giro di basso claustrofobico al giro di boa. Il pezzo più particolare del cd risulta tuttavia esssere il mix di lentezza/pesantezza di "Halfway there", che strutturalmente ricorda un po' la loro "Ready to fall", sebbene quest'ultima sia migliore.

Mid-tempo punk rock e melodia sulla splendida perla di "Like the angel" contornata da un ottimo assolo, allegria e anthem cachty come "Voices off camera", ancora pezzi classici che molte band li invidiano vedi i cori e gli acuti di "Blood red, blue & white" e "Last chance blue print" aperta da un piccolo dialogo e in cui si fa apprezzare il tocco del batterista sul bridge. C'è spazio anche per un refrain di Offspring-iana memoria che fa capolino su "Broken english"

Ancora rabbia tipicamente old school sulla arrabiatissima "To the core", "Torches" che parte lenta e acquista aggressività lungo il percorso, gli svarioni ritmici di "Amber changing" e omaggio finale ai Journey con l'ottima reinterpretazione in chiave punk della loro "Anyway you want it" che sansisce la fine del lavoro.

Come se non bastasse, i Rise Against possono disporre tra le proprie file di Tim Mcilrath niente di meno che la miglior voce del punk moderno. Capace di variare tra i vari registri stilistici in maniera spettacolare da parti calde e pulite a parti roche e ad acuti in screaming capaci di farmi rizzare i peli dello stomaco. Il tutto viene completato da ottimi cori, assoli, granitici riff e una sezione ritmica tirata per il meglio.

I testi trattano tematiche sociali e di protesta non molto distanti dai vari Anti-Flag e soci, con particolare attenzione anche alla tutela dell'ambiente e al rispetto degli animali.

Era un po' di tempo che cercavo un disco che mi sorprendesse in questo modo e si dimostrasse interessante e immediato, ma non facilone al primo ascolto, questo disco si merita quel posto che nemmeno dischi acclamati come "Punk in drublic" riescono ad occupare. Un capolavoro nel suo genere, dalla grande realtà punk del nuovo millennio.

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