Once upon a time...
Cosa ci si può aspettare dai Rise Against nel 2014 dopo una storia fatta di 6 dischi e diverse uscite minori? Dipende dai punti di vista verrebbe da dire.
Per dirla meglio: basta variare osservatorio e ottica da cui si guarda al mondo e le conclusioni non potranno che assumere sfumature ora fredde ora calde.
Se si predilige un'ottica da bicchiere mezzo pieno, si potrebbe constatare che in fondo è un disco catchy, ha le melodie al posto giusto, è un disco per passare una mezz'ora abbondante facile e senza complicazioni e che i componenti del gruppo hanno ormai saldamente raggiunto l'età della maturità.
Ma quest'ottica valeva già per “Appeal To Reason” e “Endgame”, non oggi risultando un mero argumentum ab auctoritate come direbbe un mio professore atto solo a maschere il rifiuto di pensare con la propria testa o di addure valide motivazioni a sostegno.
Rifiutando quindi questo approccio da pompiere un po' diplomatico, e il caso di cambiare registro, adottando un approccio diverso che parta da una osservazione critica.
La ragione vuole che per un musicista dopo lavori discreti ma tutt'altro che eccezionali, sia lecito attendersi un cambio di strategia. Che leggasi, nello specifico non vuol dire necessariamente il ritorno alla forma primordiale e spicciola, ma tradotto in sillabe significa evitare in primis un altro lavoro fatto con lo stampino con cui si costruirebbe un'utilitaria o gli ultimi due dischi del mago Timothy.
Bisognava dimostare di avere ancora qualcosa da dire su disco e non doversi accontentare delle briciole, dei testi impegnati e dei live.
Si parlava di strategia. Il marketing è strategia e loro sono furbi e sono anche ben consci degli umori dei “falchi” e allora piazzano come antipasto una nenia incantatrice di serpenti quale “The Eco-terrorist in Me”.
Insegna luminosa che attira gli allocchi?
Purtroppo si e del cuore, della passione, della sana rabbia non c'è più traccia. Non c'è nemmeno voglia di osare, nemmeno di sbagliare, ma si vede soltanto tanta normalità e pericolosa omologazione di massa.
Strutture pressoché sempre o quasi identiche (non bastano “The Eco-terrorist in me e “Awake too long” a far esplodere la bomba collegata alle cuffie), canzoni lunghe e prevedibili (guarda caso le cose salvabili sono quelle col minutaggio più contenuto), riff volentieri mai veramente ispirati e insipidi. Per non parlare dei pre-chours che andrebbero abrogati per decreto-legge.
La battigia riconsegna la carcassa di un gruppo, mentre qualche metro più in là dei manichini che odorano di plastica sono pronti a battere scroscianti le mani convinti dalla bontà dello spettacolo. Sullo sfondo in lontananza si vede una bandiera a stelle strisce ammainata e sporca di sangue e questa volta potrebbe esserlo per sempre.
The tales of Rise Against's rise and fall.
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