Ecco un disco particolare e molto bello, per chi scrive. Atmosfere nord europee miste a tradizione italica; con in aggiunta una spruzzata di sana Africa che non guastò mai. Odore di sughetto al pomodoro e basilico; stufa a pellet a palla e tranquillità serale. Con un bicchierino di malvasia come ante-pasto. Vino per la cena? Rosso, grazie! Inciso nel 2002, questo è il frutto tribolato e molto lavorato  di una delle poche pianiste italiane di jazz internazionalmente note e giustamente riconosciute: Rita Marcotulli. La nostra ragazza suona spesso con grossi calibri  e, giudicando dal suo percorso artistico e da quest’opera in particolare, deve essere persona dalla sensibilità non banale, nonché strumentista preparatissima e smaliziata. Questo disco costituisce il tentativo riuscito di innovare la propria figura di musicista a tutto tondo, affrancandosi momentaneamente dai canoni jazzistici tipici, nonché aggiungendo un valido apporto alle proposte italiche contemporanee di gran qualità e contenuto vario. Tutto in una cornice grafica singolarmente attraente e senza tema di confronto con artisti più avvezzi al genere. Disco difficile da recensire perché spiazza un bel po’ le aspettative e comunque ti lascia in bocca un forte retrogusto di obbligato e rapido ritorno all’ascolto. Nonché di malvasia. Un altro goccio di Sicilia, grazie. Di nulla, prego! Un sacco di musicisti coinvolti: Javier Girotto e Andy Sheppard sax, Palle Danielsson, Anders Jormin e Luca Bulgarelli bass, Roberto Gatto e Audun Kleive drums,  Stanley Ray Adams trombone, Pietro Tonolo ance ed arrangiamenti, “Metaxu” effetti elettronici, Anja Garbarek e Lena Willemark voce, Stefano Bellon arrangiamento archi…. eccetera!!!

1) “G. Continuo/Fragment1”  costituisce uno “scherzo” tra musicisti. Brano molto puntato; inciso di sicuro con molta concentrazione ed ascolto attento al collettivo. Un pizzico di piano elettrico, un bel po’ di contrabbasso, un piano acustico che lentamente scava una sua nicchia nell’economia di questi sei minuti. Poi segue un violoncello che gira e volteggia.
2) “Fragment” è uno stacco di piano acustico di un minuto. Da sentire: delicato e forte al tempo stesso.
3) “Interference” è un delicatissimo cantato; sottovoce: per non svegliare nessuno. Piano acustico con accompagnamento orchestrale rarefatto e discreto. Voce di Anja Garbarek e pianoforte acustico entrambi in primo piano. Testo, bellissimo, in inglese.
4) “Afromenia” è un brano molto particolare: ai vertici di un ideale triangolo equilatero ci sono le percussioni e la voce originalissima di Arto Tuncboyaciyan (non provate a chiamarlo per cognome: è inutile!); poi il jazz freddo del nord ed infine il calore eclettico nostrano. Sensazioni tribali nel cuore di Piazza Vittorio a Roma o piazza Maggiore a Bologna. Due città molto avanti, quanto a crogiolo di eventi, progressione musicale e possibilità di intensi scambi culturali internazionali.
5) “Fragment2” dura solo 34 secondi ed è un altro bello stacchetto di piano solo alla “Pollini meets Bill Cunliffe”; classicheggiante anzichenò. Non conoscete Bill Cunliffe? Male. Ne parleremo… (Googlate, googlate…)
6) “Il richiamo” parla della storia di Lena: una ragazza piccolina che cresceva nei boschi con la nonna… etc. etc. Un brano impegnativo, da prendere con le molle; che ti conquista con sonorità difficili ma oggettivamente ben congegnato. Si apre col richiamo della nonna per le mucche al pascolo: un grido fortissimo ed acuto, cui segue il cantato accompagnato dal piano. Il dialogo prosegue con il sax a fianco, per poi abbracciare melodie zigane. Dopo metà c’è un cambio radicale verso cose più eteree e sognanti. Risveglio in una giornata cupa. Vario, intelligente e d’effetto.
7) “Numeri” è un altro brano obliquo: all’inizio sembra Zappa che incontra la tradizione melodica italiana. Gianmaria Testa, ferroviere cantautore cuneese che ha successo enorme in Francia ma è quasi sconosciuto da noi, canta  il brano in maniera sentita ed emozionale. Molto bello.
8) “Koine’”. Che dire di questa esecuzione che da il titolo all’album? Che è un pezzo guidato da un piano lontano, con eco ed effetti elettronici a contorno; progressione melodica incessante e continua. Basato su una manciata di accordi e sapori ritmici che sanno di Grecia. Fortissima sensazione Area nell’aria. Idee di Milton Nascimento verso metà. Mercato portoghese o napoletano a finire. A saucerful of secrets. Ballarò ed i venditori di pesce al cartoccio. Sensazioni di musica anni settanta. Un gioiellino di esperienze narrate da Rita al tuo cuore. Avitabile, Esposito, Senese e la scuola rock-jazz napoletana concentrate in pochi minuti.
9) “Just feel”. Piano, chitarra, contrabbasso e pochi effetti caratterizzano la costruzione di un brano che è costruito su un giretto semplice semplice. Melodia che va, gira, ancora ritorna daccapo e finisce improvvisa. Colori anni settanta anche qui. Cramps e Mauro Pagani.
10) “Fuori dal tempo” è praticamente il prologo di …
11) “E per non fare la fine di quella talpa”: insieme formano un brano intimista: prima di voce sola e poi con sax, piano ed effetti (pochi). L’introduzione recitata di Giammaria Testa ti porge pochi versi che fanno riflettere. O che ti cominciano a far pensare alle cose tue. Sarà il suo modo di “distillare”, sarà il mood globale del disco.

Sarà che gli esseri umani sono complicati: intelligenti o stupidi; forti come Sansone, ma tutto sommato fragili come un bambino al primo giorno di scuola od una mongolfiera al vento. Giammaria Testa ne sa qualcosa. Il risultato è che questo disco fa breccia nella vostra mente. Omeopatia di Nino Rota nell’ultimo brano, alla fine di un bel percorso: intelligente e di gran gusto, per un’opera matura e molto lavorata, evidentemente. Che non mancherà di lasciare un sorriso sulla bocca di chi ama l’intimità vera, la musica nova ed un dialogo intelligente, evoluto e lontano dalla mediocrità becera che è sempre in agguato quando la ragione sonnecchia. Dormite tranquilli. Per un po’.

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