Intendere il progressive come genere, a mio avviso,  è alquanto riduttivo per un'attitudine così diffusa in musica. 

La progressione, l'evolversi di un pezzo, è da rintracciarsi in tutti quegli artisti che credono di avere qualcosa di nuovo da dire in un campo come la musica che della novità fa il suo pane quotidiano. La convenzione però, chiamiamola così, ha impresso quest'etichetta ad un numero di artisti limitato e con delle caratteristiche comuni. Tra di esse spicca la notevole capacità tecnica, qualità questa che s'è tramutata in un vero e proprio coltello a due lame. Specialmente nella versione metallica del prog è facile ascoltare valanghe di note suonate senza capo ne coda, sicuramente difficili da imitare, ma decisamente incapaci di comunicare emozioni o sensazioni nuove. La tecnica, che avrebbe dovuto permettere una maggior capacità d'espressione ed un ventaglio di soluzioni sempre più ampio, s'è risolta su se stessa, comunicando solo una gran confusione e allontanando lo sguardo del pubblico da personaggi che avrebbero potuto dare un contributo decisamente interessante all'arte.

Fortunatamente però c'è chi della capacità strumentale ne ha saputo fare strumento appunto e non fine, permettendosi così di dipingere le proprie pareti sonore con colori vivaci e variegati, senza mescolare il tutto in un caos inestricabile. Una di queste realtà si chiama Riverside, quartetto polacco giunto al suo terzo album in studio con questo interessante "Rapid Eye Movement". Il disco appare decisamente meno pesante del precendente, più elettronico e rilassato e attorniato da una sottile vena malinconica debitrice forse degli ultimi Anathema e degli Opeth più intimisti, ma non si tratta mai di scopiazzature, bensì di rilettura personale di scelte sonore sempre evocative per gli amanti del melodico.

Il viaggio musicale si apre con "Beyond the Eyelids"; 8 minuti di variazioni sorrette sempre da una tastiera eterea e avvolgente e dalla voce soffusa e nostalgica del mastermind Mariusz Duda. Grande importanza nel mix viene dato al suo basso che risalta particolarmente nei passaggi meno consoni, quelli che sicuramente vi ricorderanno i Tool di "Lateralus". Non va dimenticato il lavoro alle chitarre di Piotr Grudzinski, sempre presente nell'intessere fraseggi delicati ed evocativi nella miglior tradizione Pinkfloydiana, nessun assolo ultraveloce, solo passaggi estremamente sensuali, a volte ripetitivi, ma sempre di grande impatto emotivo. Si continua con "Rainbow Box" traccia interessante e vivace che ricorda molto i Porcupine Tree di "Stupid Dream". "02 Panic Room" il singolo da cui è anche stato estratto un video, sembra invece tornare al debut album "Out of Myself" però con una verve decisamente più elettronica e moderna. Le tastiere giocano sempre un ruolo fondamentale ed accompagnano gli altri strumenti nei vari movimenti con grande maestria, senza risultare mai invasive. La successiva "Schizophrenic Prayer" risulta invece molto più agitata, schizofrenica appunto, sensazione accentuata da un riff di basso ripetitivo e cadenzato. "Parasomnia" è a mio avviso la migliore del lotto, misteriosa per tutta la sua durata, resta chiusa in se stessa fino alla fine dove esplode in uno spiraglio di rilassatezza, forse l'unico di un platter oscuro e riflessivo completamente incentrato nei testi sulla ricerca interiore. Semplicità e bellezza invece con "Through the Other Side", dove un delicato arpeggio di chitarra sorretto da una voce sconsolata e mai così evocativa ci accompagnano in "Embyonic"; qualche accordo di chitarra acustica, un tappeto di tastiere ariose e la magia è fatta. L'assolo finale non fa altro che cullarci in attesa degli ultimi due brani dove si torna alla formula vincente della open track forse perdendosi un po' nell'eccessiva durata dei brani.

 In conclusione un album delicato e sognante suonato da grandi musicisti che, però, a parte qualche spruzzo di elettronica, non dice niente di nuovo rispetto a quanto fatto dalla band negli anni precendenti. Belle canzoni, di facile ascolto ma comunque costruite anche per un pubblico più esigente. Una conferma senza il botto insomma, ma direi che può andare benissimo così visto il già alto livello a cui questi polacchi ci hanno abituato. Consigliato ai fan del progressive più intelligente e melodico, sia esso di derivazione rock oppure metal.     

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