"Nine non è un remake di 8 ½ perchè non si può rifare un capolavoro. Il lavoro di Fellini non si tocca; questa è solo la trasposizione cinematografica di Nine, il musical di Broadway a sua volta blandamente ispirato al celebre film".
Furono queste le parole che un pomposo Rob Marshall in sede di conferenza stampa, ben consapevole che ciò che aveva trasposto sullo schermo di Felliniano aveva ben poco, riservava ai gironalisti presenti in sala.
Se quindi l'idea del remake andava totalmente accantonata, in favore di un musical di stampo classico, risulta lampante il motivo per il quale mi sono imbarcato, sotto un diluvio di proporzioni bibliche, in direzione del multisala dove proiettavano la pellicola.....e cioè la regia di Marshall.
Se come regista di film l'ho trovato indubbiamente bravo (a lui dobbiamo il bel "Memorie di una Geisha"), come regista di musical Marshall mi ha regalato IL capolavoro assoluto, (insieme al "Moulin Rouge" di Luhurman,) quel graffiante e luccicante Chicago che fece incetta di statuette alla cerimonia degli Oscar del 2002.
Purtroppo è stato doloroso ammettere che la magia non è riuscita una seconda volta. Nine è infatti un musical inutile, poco incisivo e assolutamente poco coinvolgente. Non conoscendo il musical originale, da cui lo stesso Fellini aveva preso le distanze (da qui il nome Nine), un raffronto con esso risulta impossibile, impedendomi di determinare se almeno la messa in scena filmica superi in qualità quella teatrale (come avveniva in Chicago). La colonna sonora è per lo più anonima, priva di pezzi davvero entusiasmanti. Se questa per molti non è necessariamente un difetto (basti pensare a Musical come "Chorus Line" dove di canzoni memorabili ce ne sono a malapena 2), risulta imperdonabile se affrontiamo il fatto che di coreografie, (ancora di salvataggio dei musical con una debole colonna sonora) il film ne è povero e per di più quelle poche che sono presenti, risultano ben poco coinvolgenti.
Il culmine dell'imbarazzo arriva dal numero di Kate Hudson "Cinema Italiano" che sembra uscito direttamente da una puntata di passaparola con sculettamenti e vestitini da letterina, che oltre ad essere orribili da vedersi anche in contesto cinematografico dopo che ne siamo martoriati ogni giorno a tutte le ore, sono anche fuori contesto storico. In più la canzone suscita ilarità....e non in senso buono. Tuttavia le performance sono tutte gradevoli, con alcune eccezioni davvero ottime (La Cottilard, la magnifica Judi Dench o ancora una strabilante e frizzantisima Penelope Cruz, nel ruolo che fu di Sandra Milo, e che con il suo numero musicale mi ha stupito a dir poco).
Unica vera perla dell'intero prodotto, è la meravigliosa "Be Italian", cantata da un'irriconoscibile Fergie dei Black Eyed Peaces (ma quanto è ingrassata?!?!?), nell'unico numero davvero memorabile della pellicola, forte di una melodia intrigante e che entra subito in testa, e di una coreografia davvero strabiliante, ricca di movenze assolutamente affascinanti e seducenti, con i tamburelli a scandire il tempo mentre la sabbia irrompe sullo schermo, piroettando con le stesse ballerine.
Cosa salva quindi questo prodotto dalla mediocrità assoluta?
Beh, innanzitutto l'eccezionale cast, che è tutto all'altezza delle aspettative (sempre che non si paragoni Day Lewis a Mastroianni), con Judy Dench e Penelope Cruz a emergere prepotentemente e con un po' di rimpianto per la Kidman, bellissima ma sfruttata male e con un solo, misero numero musicale totalmente trascurabile.
E infine la regia, quella tipicamente di stampo teatrale di Marshall, che rimane in grado di donare un fascino inaudito a qualsiasi performance venga messa sullo schermo, fascino che però lascia il tempo che trova, e che non riesce a portare la sua ultima creatura al di sopra di una sufficienza stringata.
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