Robert Redford, oltre ad essere una delle grandi "icone" old del cinema americano, è anche uno profondamente convinto delle sue idee politiche. Da anni porta avanti le proprie visioni democratiche. Negli USA si direbbe "uno a sinistra". Soltanto per rimanere agli ultimi lavori, basterebbe citare "Leoni per agnelli" e "The Conspirator", quali pellicole che tracciano un solco tematico ben definito. Partendo da quell'impianto di base e da un'idea classica di cinema, l'ormai ultrasettantenne Redford costruisce "The Company You Keep", suo ultimo lavoro datato 2012.

Tratto dall'omonimo romanzo di Neil Gordon (per la sceneggiatura di Lem Dobbs), la pellicola si porta dietro lo zaino culturale e contenutistico dei precedenti lavori: la mistura di politica e moralità, la critica, lo sguardo quasi nostalgico rivolto al passato, nonchè la curiosità quasi storiografica di addentrarsi in questioni annose della storia statunitense (in questo senso va ricordato il lavoro di ricostruzione effettuato per lo splendido "The Conspirator"). In questo caso non siamo nell'America di Lincoln, ma nelle stanze asettiche della contemporaneità. Il legame con la politica e la storia questa volta è rappresentato dal movimento che si autofedinì "Weather Underground". Espressione dell'estremismo di sinistra, si fece conoscere per l'avversione nei confronti della guerra in Vietnam, per l'appoggio agli afroamericani del Black Panther Party, nonchè per l'utilizzo della violenza quale mezzo per il raggiungimento di determinati fini politici. Una rapina terminata male è l'atto scatenante del film, con i protagonisti che vengono ricercati dall'FBI a oltre trentanni dall'accaduto.

Robert Redford è legato ad una "classicità" filmica sempre più difficile da rintracciare, ma nonostante ciò, "The Company You Keep" ha un buon ritmo, senza per questo aver bisogno di forzare la mano sull'aspetto thriller. Niente esplosioni, niente inseguimenti. Non è questo il cinema di Redford. Il cineasta californiano mette su un moderno "road movie" d'inchiesta, immergendosi ancora una volta nell'analisi dell'approccio politico con cui le nuove generazioni guardano al mondo, rappresentate dal giovane giornalista Ben (Shia LaBeouf). Se la deve vedere con un capo che non ha troppa fiducia nel suo lavoro, ma è anche e soprattuto il simbolo di una "new generation" che ha perso gli ideali di lotta che hanno animato il passato e quando se li ritrova davanti è a disagio in un mondo che non conosce. Emblematica in questo senso la frase pronunciata da un professore universitario, "un clic su facebook e si dimenticano di tutto".

Pellicola priva di barocchismi di sorta, l'ultima fatica di Redford si inserisce in un percorso che il regista ha scandito già da diverso tempo. La nostalgia verso quel passato di lotte ed ideali, la pessimistica presa di coscienza di un cineasta che ha ormai appurato la tragica indifferenza del mondo contemporaneo. Una visione che emerge limpidissima, ma che si intreccia con una certa tendenza al sentimentalismo (in particolare nella seconda parte del film) che stona con l'impianto "freddo" emerso fino a quel momento. Le implicazioni familiari e amorose che eruttano verso il finale, stridono con un'impalcatura che non sembra preparata a dovere per accoglierle. Forse per questo il film non riesce ad affondare mai del tutto, rimanendo nel limbo del "semplice" dramma politico di pregevole fattura.

"The Company You Keep" è una sorta di "documentario" sul diverso modo di osservare l'attuale società da parte delle vecchie e nuove generazioni. Il solito ottimo Redford, forse solamente più vecchio e stanco.


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