Robert Redford è un'icona dell'America democratica. Quella più riflessiva, "culturale", laica. "Leoni Per Agnelli" (2007) è stato il manifesto di Redford in questo senso, il film più politico che ci ha donato nella seconda metà della sua carriera. Una carriera registica che forse non è mai decollata del tutto, quasi che il caro vecchio Redford non sia riuscito a scrollarsi di dosso l'immagine di belloccio attore degli anni '70. Forse per questo e per tutta una serie di altri motivi, il Redford cineasta è meno conosciuto e meno apprezzato del Redford attore. Ma nella sua storia dietro la macchina da presa, Redford ha sfornato un lungometraggio che merita più attenzione di quella che ha ricevuto. Si tratta di "The Conspirator", uscito nelle sale nel 2010.

L'idea base è una delle più controverse e oscure della storia statunitense: l'assassinio del presidente Lincoln e il processo che ne seguì. Per quell'avvenimento furono processati sette uomini e una donna, Mary Surratt (interpretata da Robin Wright) e difesa dall'avvocato Aiken (James McAvoy), ex ufficiale dell'esercito nordista. Sotto le pressioni del politico Reverdy Johnson, Aiken è "costretto" a difendere la donna accusata dell'assassinio del "suo" presidente. Ma Mary Surratt è veramente colpevole?

Robert Redford parte da uno degli avvenimenti più studiati della storia americana, ma coerentemente con quello che è stato il suo percorso, non si ferma ad analizzare responsabili e responsabilità dell'accaduto, quanto sviscerare tutto ciò che riguarda il processo conseguente all'uccisione, un aspetto meno conosciuto e più oscuro dell'atto scatenante. L'avvocato Aiken si convincerà giorno dopo giorno che la sua assistita non è una cospiratrice antidemocratica, una "sovrastruttura" che l'opinione pubblica vuole affibbiargli.

La democrazia a stelle e striscie, quella che nel corso della sua storia il paese d'oltreoceano a cercato di affermare nel resto del globo, con la forza o senza, ha le sue radici anche in episodi come questo. Cittadini che diventano "capri espiatori" di un'intera nazione, che diventano il vessillo che altri sventolano per sottolineare la giustezza e la forza di un determinato sistema politico e sociale.

Redford sembra volerci dire che i grandi uomini, anche quelli che hanno fatto la storia come lo stesso Lincoln restano pur sempre uomini. Le idee, i valori, contraddistinguono una società, molto più degli uomini che la compongono. Redford basa su ciò il suo "The Conspirator", infarcendo il tutto con una tensione drammatica palpabile e viva, che trova sfogo in un finale che si ammanta di respiro epico e pathos come mai Redford era riuscito a fare precedentemente.

Robert Redford con "The Conspirator" ha costruito un film che rifiuta l'utilizzo pubblico della storia, per soffermarsi sull'uso pubblico della giustizia, al fine di perseguire un unico obiettivo, quello della salvaguardia della nazione politica. Da allora cos'è cambiato?

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