"Il curioso caso di Roberto Angelini"
Parafrasando il titolo di un recente film con Brad Pitt vi narrerò la storia di questo bravo cantautore romano, che per un periodo della sua vita si è ritrovato ad essere quello che in realtà non è.
Roberto (classe 1975) si fa conoscere al grande pubblico nel 2000: partecipa al Festival di Sanremo con il brano "Il signor domeni" e vince il premio della critica; un anno dopo pubblica l'album omonimo consacrandosi come uno dei più promettenti giovani cantautori italiani.
Come direbbe Lucarelli in una delle sue puntate di "Blu notte": "a questo punto succede qualcosa, qualcosa di terribile, di spaventoso" .
Nel 2003 Angelini ritorna e lo fa nel peggiore dei modi, divenendo una icona pop/dance con la super hit esitiva "Gattomatto" seguita dal quasi inascoltabile album "Angelini".
"Cosa aveva reso quel ragazzo un mostro ? E perchè ? Mistero."
Altri due anni e il nostro caso ritorna a far parlare di se, stavolta nel senso buono: pubblica un omaggio a Nick Drake ("PongMoon sognando Nick Drake"). riacquistando così la smarrita qualifica di "artista".
Trascorrono quattro anni senza che Roberto dia sue notizie, quale via avrà intrapreso: quella trash di "Gattomatto" o quella da apprezzato songwriter di "Il signor domani"? La risposta è "La vista concessa".
L'album si apre con le malinconiche "Vulcano" e "Tramonto" che mi fanno ben sperare con testi ispiratissimi e coinvolgenti; ma è con la successiva "Fino a qui tutto bene" che ho la risposta che cercavo: Roberto è tornato a fare quello che gli compete, a scrivere belle canzoni e ad accompagnarle con la sua chitarra acustica, il brano è stupendo nel suo racconto drammatico e sofferto.
Dopo la non del tutto convincente "Dove sorge il suono", il duo "Dicembre" e "FFF" riprende il discorso iniziale e riporta il lavoro su territori squisitamente soft rock.
A seguire, la rocckeggiante "Quando crollano le stelle" e le acustiche "Fiorirari" e "Beato chi no sa" nelle quali Angelini torna a deliziare.
Ma è con "Sulla sponda del fiume" che forse tocca l'apice compositivo, una ballata romantica che racconta di un amore indissolubile: commovente; mentre "Venere" sorprende con il suo andamento tribale.
Dopo un momento di smarrimento chiamato "Benicio Del Toro", dove riemerge il passato da dimenticare e la troppo ripetitiva "Ora"; ci pensa la title track a risollevare le sorti e chiudere degnamente il lavoro.
Roberto Angelini ha completato la propria redenzione e con "La vista concessa" si è guadagnato tutta la mia ammirazione e il mio rispetto.
Concludo dicendo che se avesse escluso alcuni brani dalla tracklist ("Dove sorge il suono", "Benicio Del Toro" e "Ora") forse staremmo qui a parlare di un capolavoro, ma visti i tempi che corrono ci "accontentiamo" .
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