Quella in questione è una recensione del tutto sperimentale.

Sono in camera mia. E' quasi mezzanotte. Ritrovo tra il disordine della mia scrivania, Il Carcere. Dovrei terminarlo. Mancano poche pagine ormai. D'un tratto mi si accende qualcosa. Spegne, non so, fate voi. Dicevo, in pochi attimi decido di accendere il pc e buttar giù qualcosa che l'indomani avrei potuto definire pseudo-recensione.

Ognuno di noi credo, nella propria vita, si porterà per sempre dentro qualche disco. Avrà nelle vene le note di quei brani che di notte, nel frastuono del traffico, nella aria diversa della domenica mattina, nel momento di nero sconforto o nella più semplice delle gioie, tornano fedeli da noi. Sempre.

Ecco questo a me è capitato con due dischi.

Il primo è "da A ad A" di Marco Castoldi.

L'altro è quello in questione.

Trovo che ci siano tanti dischi davvero buoni. Tanti i mediocri. Inconsiderabili i pessimi. Pochi - ma pur sempre sufficienti - quelli ottimi. Ebbene tra questi ultimi solo pochi però, possono mutarti. Insisto su questo perché voglio sia chiaro il fatto che la differenza tra un ottimo disco e un disco che "salvaluomo", c'è. Stanotte voglio occuparmi di quest'ultima categoria, dato che tra la prima si annoverano già  numerosi dischi con le relative considerazioni.

Questo album è figlio della cura. Ma è figlio della contraddizione. E' figlio del pongo: prezioso ma delicato. E' un po' il riassunto di una contraddizione. Di uno scontro. La continua naturale di quel "il sig.  Domani" - già premio della critica  a san remo - che tanto aveva fatto ben sperare sull'operato futuro del cantautore romano. Non solo. C'è "PongMoon". C'è Drake. Nasce un progetto avente come filo conduttore la passione per il cantautore di "Know", che sa tanto di ringraziamento sia per l'arte di Drake, sia per la presenza della sua musica - ricca di accordature bizzarre - e delle sue parole in momenti particolari dello stesso Angelini. In mezzo a queste due opere c'è altro. "Un altro me" scrisse proprio lui nell'autografo che ho conservato.

C'è l'estate del duemilatre. C'è la voglia di emergere. Di star su. Festivalbar, video pieno zeppo di squinzie, ospitate in programmi musicali commerciali, ragazzine che ti sbavano dietro e tanta tanta insicurezza. Una sbandata, spesso lui la definisce così.

Io credo che un artista sia artista sempre.

Tutto questo fa parte della sua formazione. Forse oggi questo disco non sarebbe quello che è se non ci fosse stato GattoMatto e Co. Ebbene da allora son trascorsi circa cinque anni. Cinque anni di risveglio. Cinque anni di tanta musica suonata nei locali romani. Quasi a ripartire da zero.

Nel duemilasei fonda l'etichetta discografica fiorirari. Così l'anno successivo è pronto il video di dicembre, singolo apripista del nuovo disco. Tra attese e smentite varie arriviamo all'estate dello scorso anno. Il disco è pronto. In autunno sarà pubblicato.

Niente. Sembra l'ennesimo posticipo.

Ma il cinque dicembre viene improvvisamente consegnata alle radio "dicembre". È fatta. Poche settimane dopo arriva l'ufficialità: il disco a Gennaio verrà finalmente pubblicato. Quattordici i brani. Ecco, non ho mai amato descrivere in così poche parole la sostanza che v'è dentro una canzone.

Inoltre non credo sia giusto menzionare questa canzone piuttosto che quella. É il disco nella sua singola moltitudine ad avere un proprio percorso, una propria vita.

"La vista concessa" ci dice che gli attimi non vanno consumati in fretta, che ogni tanto ci si dovrebbe fermare, alzare su lo sguardo e sorridere su ogni cosa amara vissuta. Ci sussura di voltare pagina e andare oltre, perchè, in fondo non è stato niente. Ci chiede se siamo fiori rari o nani da giardino, e ci assicura che dove non si va andremo. Ci ricorda che non è la caduta che dovrebbe spaventarci, bensì l'impatto al suolo. Questo, e tutto quello che per mancanza di spazio, di strumenti, di verba, di capacità riassuntive e di quant'altro non sia riuscito qui a riportare, è "la vista concessa".

Credo di esser stato sin troppo prolisso. Spero di aver dato il giusto spazio al disco - che però non poteva non esser inquadrato, almeno per quanto concerne tutto ciò che ha alle spalle - e non esser annaspato in discorsi che poco attirassero attenzione altrui.

Ho esordito scrivendo di una recensione del tutto sperimentale. Beh, nonostante l'ora tarda, fortunatamente, son folle ancora a metà.

La sperimentazione sta nel fatto che il disco di cui s'è scritto non è ancora stato pubblicato. Vedrà la luce alla fine di gennaio. Credo non pregiudichi affatto alcunché.

Ormai.... manca poco più di un'ora all'alba

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