Da un racconto di Annamaria Ortese è la colonna sonora composta da Roberto Caravella per il film di Catherine McGilvray.
Qua non si scherza più di fronte all'antico dell'antico, del "fu quello che fu" che ci proietta in un futuro infinito di un'accettazione del tedio paradisiaco. Qua si esagera con lo psichismo scoperchiato da strumenti dell'anima che suonano da soli, tanto sono abituati all'eternità. Tiorba, Lyra, Santur, Qanoon, Aulos, Rabele, ti accompagnano nel ricordo dell'immediato che noi, distratti, tralasciamo per desideri fuorvianti.
La bellezza spietata della musica mette in ginocchio tutte le nostre menzogne irradiandoci di compassione verso le nostre miserie. L'oscura luce illumina i nostri nascondigli facendoci vedere che le tenebre le creiamo noi. La freschezza arcaica è riconducibile ad una sensazione tattile di sentire sui polpastrelli la porosità delle pietre delle nostre colonne interiori. La visualizzazione del Tempio è cristallina e beatifica la nostra essenza.
Non c'è mestiere, le musiche sono visitate da loro stesse, mediate dalla condanna al "per sempre", anche noi ambiamo all'ergastolo divino. Nell'assenza si galleggia estasiati di percepire i disegni imperscrutabili di Dio. L'elasticità del flusso media la rivelazione dell'appiglio negato dove la Sicilia, luogo delle riprese del film, fornisce la solarità necessaria dell'abbaglio.
Si è meravigliosamente soli all'ascolto di questa invisibilità, la dualità è frantumata a priori, non si combatte, non si gioca. Impersonalmente siamo proiettati alla sparizione, e ce ne accorgiamo nell'usufrutto quando momenti di catarsi ci inondano talmente da non farci più sentire il corpo fisico traslandoci nel corpo dell'anima.
Simboli, metafore, archetipi riverberano nel mancarsi, nel mare di una coscienza accettatrice dell'Unità. Costante l'annientamento emozionale dove una pienezza, una pulizia, spazzano scorie ingannatrici. Un barocco esoterico salta fuori a strizzarci l'occhio ammiccando a una pace crudele. Il canto racconta epopee magnetiche profumate di rose.
Infanzia e irrealtà musicano un ponte di umanità: "Una forma... su immagini fuori e dentro il tempo, come un crogiolo in cui si alternano le tre fasi alchemiche di nigredo, rubedo e albedo, affinché l'opera si compia".
La direzione artistica del mio caro amico Claudio coglie il segno con la raffigurazione dell'ermafrodito, l'androgino ermetico, all'interno della custodia del CD. L'ensemble "Il Cantiere delle Muse" performa musicalmente che tutto è materiale con la rarefazione concreta del "tutto accade".
Ocana l'isola incantata, l'isola che non c'è, dolore eterno del mondo, la tessitura musicale è perturbante perché lo coglie e per un attimo lo monda.
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