Il libro e il video

Si tratta di un lungo monologo in cui Roberto Saviano (n. 1979), scrittore e pubblicista, esamina il fenomeno camorristico già messo in luce nel libro "Gomorra", da cui è stato tratto un fortunato film di Garrone.

Saviano indaga, racconta, affabula con uno stile personale che mescola sapienza letteraria e teatralità. Si riflette su problemi endemici del nostro Paese senza dimenticare il potere della parola e dell'arte, la capacità dell'individuo, in quanto creatore e demiurgo, di cambiare il mondo, a condizione che sappia assumersi le responsabilità di un percorso di cambiamento e di lotta che, in certi casi, può arrivare a costare molto caro.

Saviano sta pagando molto caro il suo percorso. Se tutti pagassero in percentuale minima lo sforzo di dire no a certi sistemi, forse il peso che grava su di lui eviterebbe di farne un nuovo Sisifo.

  

In difesa di Roberto Saviano

di De Lorenzo

 

Roberto Saviano è, certamente, uno dei personaggi più importanti del decennio appena trascorso ed una delle figure più notevoli della letteratura italiana di denuncia dai tempi di Sciascia e, per certi aspetti, Pasolini, a cui mi sento di accomunare la sua immagine: capacità di analisi, coraggio nel denunziare le malefatte ed i problemi di una parte dell'Italia, originalità nello stile di scrittura che lo pone in una dimensione diversa da quella di pur grandi giornalisti che si sono occupati delle vicende della criminalità organizzata italiana, come Mauro de Mauro, Giuseppe Fava, Joe Marrazzo per citarne fra i più famosi. Non è ovviamente questa la sede per ripercorrere in chiave critica la carriera di Saviano, autore del notissimo "Gomorra" (‘06) che, edito con lungimiranza dalla Mondadori, ha dato del fenomeno camorristico una visione d'insieme mai tentata prima in letteratura, superando la dimensione riduttiva e parziale del fenomeno, che emerge in molta pubblicistica italiana intervenuta in materia nel corso di vari decenni, figlia di un'idea quasi romantica di una Napoli devastata dal fenomeno criminale e quasi vittima, nonostante tutto, di esso.

Il cuore del problema - e della tenebra, verrebbe da dire - secondo Saviano è nella natura sovrastrutturale del fenomeno camorristico, inteso come un fenomeno di economia criminale (o extralegale) che sfrutta, in maniera anticoncorrenziale ed attraverso una vera e propria forma di dumping sociale, i principali fattori di produzione messi a disposizione dalla Campania. Fattori di produzione che sono dati in primo luogo dal territorio, che dopo essere stato oggetto del sacco edilizio ben narrato dal Rosi de "Le mani sulla città" ('63) è divenuto luogo in cui convogliare i rifiuti e le sostanze tossiche provenienti da mezza Europa a prezzi assolutamente concorrenziali rispetto ad altre forme lecite di smaltimento; dalla forza lavoro in secondo luogo, data da generazioni di donne e ragazzi che, in assenza di altra sistemazione ed in presenza di una povertà materiale ed intellettuale inenarrabile, offrono, a costi prossimi allo zero o quasi, la propria opera a servizio di attività lecite, quasi-lecite, o decisamente illecite, reinvestendo nel territorio e oltre i proventi delle varie attività criminose.

La visione di Saviano, al netto di qualche divagazione che arricchisce l'aneddotica dei suoi scritti, è ben compendiata nei principi che reggerebbero a suo dire quella criminalità, ovvero, per dirla con le sue parole, "business, business, business".

Il successo arriso a "Gomorra" ha fatto di Saviano un personaggio e lo portato addirittura al centro del dibattito politico, dove parte della sinistra lo ha visto addirittura come un suo possibile leader in chiave antiberlusconiana, travisando il suo messaggio ed i suoi valori, che mal si prestano ad essere inquadrati politicamente. In questi termini non è forse errato osservare come una sinistra priva di bussole credibili abbia strumentalizzato lo scrittore campano, cercando di salire tardivamente sul suo carro e sfruttando a proprio favore il credito che Saviano ha presso una crescente parte del corpo elettorale. Non stupisce che Saviano abbia sempre evitato diretti coinvolgimenti e strumentalizzazioni e non si sia mai considerato uomo di una sola parte politica, essendo il nostro troppo intelligente per non cogliere i tranelli concettuali e le contraddizioni logiche che si nasconderebbero dietro un suo diretto coinvolgimento con la politiche delle Sinistre.

A prescindere dal fatto che Saviano può pubblicare, in Italia, grazie al gruppo Mondadori-Einaudi, ovvero ad un editore moderato che figlio del liberalismo illuminista lombardo e piemontese, con ascendenze dirette a Verri e Beccarla, piuttosto che a Giulio Einaudi, è facile osservare come Saviano, pur utilizzando uno schema marxista ed economicista di interpretazione della realtà, osserva, sul piano normativo e del dover essere, come un cambiamento delle coscienze possa avvenire solamente attraverso il riscatto dell'individuo in quanto soggetto responsabile ed il culto della legalità, ovvero mediante valori che non sono né quelli della sinistra né quelli del meridionalismo più consolidati, ma appartengono necessariamente al ceto moderato, senza bandiere politiche.

Non è certo la sinistra meridionalista, al governo di molte regioni del centrosud e della stessa Campania degli ultimi vent'anni, a tessere le lodi dell'individuo in quanto tale, essendo questo pensiero più attento ad enfatizzare una fantomatica visione del vivere sociale e della società come fine stesso del singolo, ed a predicare nel mutamento della società e della c.d. coscienza civile-collettiva il presupposto per un mutamento radicale dei costumi, anche rispetto alla criminalità organizzata. Si tratta, con tutta evidenza, di una ricetta che può meglio adattarsi alle steppe siberiane che ad un meridione troppo smaliziato e troppo vessato, nel corso della Storia, da forme predatorie di Stato per abbracciare, con sincerità, ogni ulteriore forma di statizzazione della società, non stupendo che a tali ricette sia preferito il modello più flessibile, carismatico ed al contempo efficiente della criminalità organizzata.

Prova di questi assunti sia il fatto che la sinistra, al governo di queste regioni, non è mai riuscita a determinare alcun mutamento culturale ed antropologico del corpo elettorale, divenendo unicamente (e forse consapevolmente) erogatrice di prebende, sussidi, posti di lavoro, in aggiunta al sistema economico criminale sommerso, ma mai in sostituzione ad esso. Del resto, una sostituzione dell'economia illegale sarebbe possibile solo attraverso un'economia legale e liberale, mediante forme di imprenditoria diffusa e concorrenza, assai lontane dalla stessa ideologia di sinistra.

Non è certo la sinistra a poter essere credibile fautrice di una legalità che, da sempre, non costituisce valore portante per tale parte politica, tesa a realizzare rivoluzioni con ogni mezzo necessario, in antitesi rispetto alla legalità stessa come espressione del parlamentarismo dello Stato borghese.  Se il comunismo, o altri succedanei, devono essere realizzati anche "oltre" il rispetto della legge, o a costo di non rispettarla in quanto ostacolo all'avvento di un nuovo ordine sociale, non stupisce come a sinistra sia allignato lo spontaneismo armato, le Brigate Rosse, Lotta Continua, i movimenti no global e dei centri sociali, progressivamente attratti verso un "relativismo etico" che rende ad esempio molti dei giovani sinistrorsi contemporanei complici della stessa Camorra, in quanto abituali consumatori e spacciatori di sostanze proibite che vengono importate in Italia negli stessi canali della criminalità organizzata, od oppositori per partito preso alle Forze dell'Ordine o ad ogni forma di controllo sociale praticata, nell'interesse della collettività e della sicurezza nazionale, da parte dello Stato.

Sembra dunque di poter dimostrare come una seria lotta al fenomeno camorristico e più in generale ad ogni forma di criminalità non possa essere praticata dalla sinistra, a sostegno dello stesso Saviano, se non attraverso una profonda rimeditazione dei propri valori e della propria concezione di Stato e di Ordine Sociale, al centro del quale deve essere messo l'individuo in quanto Singolo ed in quanto Soggetto Responsabile di ogni sua scelta, e devono essere predisposti tutti gli strumenti per sanzionare chiunque violi la Legge in quanto garante della Libertà Del Singolo ed in quanto strumento attributivo di determinate responsabilità, in tutte le parti del Paese.

Esemplificando ad uso dell'Utenza Media di Debaser, non si può essere credibili come sostenitori di Saviano se non ripongono simboli come la Kefiah filopalestinese, gli spinelli e le altre droghe sintetiche, le spranghe, il "dissenteismo" come forma di dissenso a prescindere e di dissenteria mentale: in sostanza senza riporre una visione dello Stato come antagonista di ipotetici valori comuni ed ostacolo ad una catarsi collettiva che appartiene più ad una dimensione parareligiosa che ad una dimensione razionale e moderna. Solo attraverso questo percorso di maturazione sarà possibile essere credibili come effettivi paladini di un Paese diverso e legale, e solo attraverso una forma di impegno diretto a riformare se stessi come individui - abbandonando il movimentiamo e la pigrizia intellettuale di chi è schiavo dei propri pregiudizi ideologici e dei propri paraventi dettati da una malposta concezione della Storia - la Sinistra potrebbe essere credibile in una lotta alla Camorra, rivendicando allora a buon titolo l'appartenenza all'Humus Culturale di Saviano.

Spiace che questo dibattito, a sinistra, non sia ancora emerso, e non stupisce che una parte della sinistra abbia di recente cominciato a mettere in dubbio l'importanza di Saviano come scrittore e come simbolo di una diversa e moderna idea dell'Italia. Pensiamo al caso di alcuni scrittori che hanno criticato l'alone di eroismo cresciuto attorno a Saviano, accusandolo larvatamente di dipingere se stesso e la realtà secondo categorie simili a quelle della destra; o a musicisti di vaglia che hanno a propria volta osservato come il lavoro dello scrittore partenopeo abbia messo in luce il lato peggiore della Campania. Non è su questo che occorre soffermarsi, dovendosi rispettare la tesi di ognuno e dovendosi riconoscere il libero diritto di criticare chiunque in democrazia, compreso Saviano.

Preme osservare, piuttosto, come un'efficace difesa dello stesso Saviano sia giunta da un Autore che, più di ogni altro, ha vissuto sulla propria pelle il travaglio della sinistra, come Adriano Sofri: passato dal movimentismo degli anni '70 ad una più serena meditazione sui limiti della sinistra anche alla luce della sua esperienza nel Craxismo degli anni '80. Su "Repubblica" Sofri critica efficacemente i critici di Saviano, osservando come il suo isolamento possa gradualmente condurre ad un suo abbandono al destino, ovvero ad una morte a più riprese minacciata dai leader della Camorra. Efficacemente Sofri osserva che i critici, con la loro azione di isolamento "si troverebbero per le mani un eroe vero - morto, perché sono veri solo gli eroi morti: la sera prima sono bersagli per i critici critici, come Giovanni Falcone [ma anche il Commissario Calabresi, NdPDL] su una sedia di seconda fila da Maurizio Costanzo- altro che un eroe di carta", rampognando conseguentemente questa attività di critica a mezzo stampa [come avrebbero dovuto rampognare lui ai tempi del Manifesto contro Calabresi pubblicato su L'Espresso il 13 giugno 1971, NdPDL].

Ecco, se la sinistra fosse fatta di Sofri vecchi e non di giovani Sofri, le cose potrebbero essere diverse per tutti, anche per Roberto Saviano.

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