"Il cielo capovolto", cioè il disco al femminile, oltre che uno degli episodi migliori del Vecchioni post '70 se non dell'intera sua produzione.

L'album si apre con un simpatico 'manifesto' vecchioniano, 'le mie ragazze', ed il loro 'lampo di inguaribile sorriso', qui troviamo il massimo del dolce ottimismo imbattibile del prof. che ha il suo climax in un verso '...hanno fottuto il tempo, con l'amore', tanto romantico che metterebbe i brividi a Guccini (da sempre sensibile al tema del tempo come di una forza indissolubile e di un limite all'esperienza umana). Di 'Dove' il Prof. dice 'tutte le mie esperienze culmineranno comunque con la mia morte, dove altro mi porteranno? Non è la morte che mi fa paura, ma il non vivere più'. E se pensate che abbia ripiegato sul vecchio e noioso 'track-by-track' sbagliate. Il fatto è che quasi tutti i brani sono degni di almeno qualche parola, infatti l'album racchiude un pugno di piccoli grandi classici, e se non tutti i brani sono irresistibili, ci sono diversi capolavori.

Il tema del mito tona ad essere centrale, forse per l'ultima volta, ma lo fa alla grande: stavolta i profili descritti sono quelli di Pessoa e di Saffo, in due brani celeberrimi su cui evito di dire le cose che sapete già.

L'atmosfera è spezzata da 'Il tuo culo il tuo cuore', pezzo più semplice e dal ritmo più sincopato, che ha forse un cugino nell'album precedente, dove trovavamo 'Saggio di danza classica e moderna', entrambi i brani ricordano come l'amore sia un tema che è possibile prendere anche meno sul serio, non è solo idillio o poesia cavalleresca, ma anche gioco.

Con questo brano dal mito si passa a temi più personali: i brani che seguono sono appunto 'Il tuo culo il tuo cuore', 'L'amore mio', 'Il mio piccolo genio', 'Piccoli stupidi'. Dove ci sorbiamo il giusto tributo di ben quattro brani alla donna del cantautore. Ogni brano è però originale a modo suo: è sua donna stessa a cantare sia nella profonda 'L'amore mio', che nella parodistica 'Il mio piccolo genio'. 

L'album si chiude con un pezzo un pò difficile e criptico: 'Conversazione con una triste signora blu', si intuisce il tema della duplicità di vita e arte come due mondi diversi, ma paralleli, a me questo brano ricorda quella frase di Wilde per cui non è l'arte ad imitare la vita, ma il contrario.

Tirando le somme l'album, con un pò di fantasia è un piccolo grande capolavoro. Si ascolta con facilità, non annoia, ed offre tanti e diversi spunti interessanti di riflessione, oltre a presentare brani, secondo me fondamentali per la poetica di Vecchioni. Insomma, oltre ad esserci diversi brani molto belli, c'è anche qualche brano indimenticabile, il tutto con massimo un paio di riempitivi che, tuttavia, non annoiano più di tanto.

Per me l'album merita un 9 o 9.5.

"Il tempo sfuma le mie cose, non quelle amate insieme, quelle son ferme nei tuoi occhi, ed io con loro sto bene." 

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