Eh, no, caro prof, questa volta non ci siamo.
E questa volta, caro prof, siamo noi a farle la nota sul registro.
Sì, perché quest'opera ci era stata venduta, in un'intervista normalmente inchinata, come figlia del coraggio, dell'incesto pericoloso ma grandioso tra la musica d'autore e la musica classica, il frutto di collaborazioni faticose, studio e anche divertimento.
Chissà cos'è, mi son detto, cominicando -povero illuso...- a godere.
E già la copertina promette bene. Confesso la mia antica debolezza per il professore dalla voce caldissima e la penna favolosa. Un Cohen un po' più secchioncello (e forse un po' meno geniale?) che da sempre seguo con affetto infinito. Ma le copertine, si sa, si girano. E davanti a certe tracklist si può anche stare male.
Ma come: un raccoltone con le solite tre, quattro cose nuove...?
Ascolto: qui ci sono piano e orchestra, ed alcuni brani son tratte da arie più o meno celebri di repertori classici, rivisitate e cantate del Nostro. Per il resto: repertorio.
Mamma mia.
Nel particolare: l'orchestra suona ovviamente bene, e ci mancherebbe..., il piano è decisamente di livello. Quel che non gira è Lui, purtroppo: canta con manierismo (i segnali ci son già da qualche disco...), il vibrato della voce è aumentato e non bene (tipico effetto anche dell'età, sia che sia voluto o naturale...), e soprattutto il nostro prof, qui, non è perfettamente intonato.
Già nel vecchio live col trio (più o meno) jazz si sentiva qualche svarione, ma la cosa, qui, complice il secchionismo e la perfezione algida d'un'orchestra, è a tratti davvero pesante.
Poi, ovviamente, non si può tacere la suprema inutilità -natalizia...- dell'opera.
Di certe canzoni non si riescono più a contare le versioni (originali, risuonate, con ospiti o senz'ospiti, con il trio jazz, con l'orchestra... eccheppalle... dobbiamo aspettarci, prossimamente, Vecchioni coi triangoli, con i cori bulgari, con gli alpini, con Cristina D'Avena, con i figli, con la banda del paese, coi pifferi?). Insomma, per capirci, cosa dà e cosa toglie l'ennesima versione di Luci a San Siro, o di Samarcanda?
Temo che ormai quest'andazzo comincia a togliere qualcosa, più che a dare...
A volte l'ascolto di opere di questo tipo solleva più di un dubbio, anche nel confronto di personaggi o artisti di cui sempre s'è avuta profonda ammirazione. Che dopo una vita di dipendenza pubblica sommata a una florida vita artistica costoro abbiano problemi economici? Che invece, come si suol dire, l'appetito venga mangiando? Che, dopo una certa età, l'ego, anziché darsi una calmata, diventi tanto grosso e incontenibile da non saper più distinguere tra il buono e il mediocre, tra la qualità e la mera quantità?
I motivi sono i più disparati, ma, sempre a mio modestissimo avviso, di quest'uscita discografica non si sentiva davvero il bisogno.
Ed il cassetto (chiuso) della memoria che certamente l'aspetta non darà alcun problema di coscienza.
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