Vecchioni è il cantautore più allegro, fastidiosamente ottimista, ma irresistibile. Amico e nemesi del cupo e mortifero Guccini, di lui abbiamo saggiato poche volte l'abbattimento, memorabile è quello de 'L'ultimo spettacolo' (per molti uno dei suoi brani più belli), dove una storia autobiografica, in parallelo con il viaggio per la guerra e l'assenza da casa di un guerriero, non riesce proprio a risolversi in un 'lampo di inguaribile sorriso' che spesso chiude le canzoni del prof. un sorriso beffardo, mai cinico, in faccia ai dubbi ed alle difficoltà terrene e anche le altre, che ci spiega come insieme alla paura ci sia sempre il coraggio. 

Il brano di prima oltre a segnare una cupezza inedita, a cui non si era voluto piegare neanche con la morte del papà ('Per un vecchio bambino' è tutto tranne che mesta, anche se fa piangere lo stesso), inizia ad inserire la sua vicenda personale nella sua opera; storia che culmina proprio in 'Montecristo', resoconto della fine di una storia d'amore che avevamo già conosciuto in molti brani precedenti.

Così parliamo di un album atipico, bellissimo, che non sembra prendersi sul serio, insiste sul gioco, su un amore mancato di cui vorrebbe essere parodia ma di cui è invece la nitida descrizione.

Quindi è una 'città senza donne' quella verso cui si parte stavolta, una città diversa da quella della già ricca geografia vecchioniana, appunto perché senza donne, e verrebbe da chiedersi 'di cosa parlerà ora che non c'è più una donna a fargliene passare di tutti i colori?' in realtà la storia è tutt'altro che lasciata alle spalle, succederà con 'Hollywood Hollywood', ed è il rimpianto, l'amarezza, a riempire l'album. 

Soprattutto l'assenza, la lontananza, ma a tratti anche l'evasione da una situazione ormai finita e sterile.

Ne 'La città senza donne' sentiamo la voglia di ripartire, di rimettersi in gioco (personalmente credo sia solamente un pretesto), l'amarezza di un amore che ormai, nel bene o nel male è solo 'un'ombra sul cuore, silenziosa e leggera...ma ci dormirò', non sarà facile in realtà prendere sonno, su di una nave che, in fondo, si sa, non sta andando da nessuna parte, nessuno, soprattutto lui, vuole andare davvero verso una 'città senza donne'.

'L'anno che è venuto' è il centro dell'album, il brano più lucido e forse privo di corruzioni sentimentali, in questo periodo infatti il prof. alterna i brani "mi manchi, sono triste!" a quelli "mi hai lasciato ma chissene, sono un figo!", qui è invece lucido, fa il resoconto dell'ultimo anno: la storia è finita, la donna è andata, ma tuttavia il poeta è troppo giovane per sentirsi solo (da notare la doppia citazione Dalla - De Gregori), ma non mancano il risentimento e l'amarezza "...e pensandoci bene, poi forse non l'amo", cioè i dubbi, appunto, la difficoltà del rimettersi in gioco abbandonando una grande sicurezza sentimentale.

Infine segnalo il brano più vecchioniano di questo stupendo LP: la sviolinata di 'Canzone da lontano', un dolcissimo brano alla figlia, anche lei dovrà essere abbandonata, ma come spiegarle che non c'è posto neanche per lei in una città 'senza donne'?

"...e quando ti sento dire 'fai presto, che ti aspetto!'

quando so che mi pensi, andando a letto

non è lontano, questo lontano...

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