Siamo nel 1971, album d'esordio del professor Vecchioni, il quale ci catapulta in mondo di ipocrisie, falsità, stereotipi e tradimenti nel quale è veramente difficile restare a galla, continuare ad essere se stessi, a inseguire i propri sogni e i propri ideali, e a restare coerenti con le proprie scelte. Un mondo in cui Vecchioni si sente veramente intrappolato e che rimarrà uno dei temi cardine di tutta la sua poetica.

Il problema dell'essere se stessi e di non essere mercificati o venduti al pubblico appare in maniera eclatante in quella magnifica ballata di "Luci a San Siro". Un vero e proprio capolavoro in cui il professore attraverso un dialogo con i suoi discografici, che pretendono semplici canzonette da HitParade, risponde parlando della sua giovinezza e di un suo amore dovuto abbandonare proprio a causa del suo sogno di fare il cantautore.
Ma ormai le scelte sono state fatte la strada è stata intrapresa e a nulla serve rimpiagere i bei tempi passati come in "Il Tamburo Battuto": "Lo so di aver vissuto in altri tempi, per tutto ciò che amavo e sentivo mio, con tante parti di domino diverse e l'incerto sorriso di una donna nel cuore"

Nel disco troviamo poi una serie di personaggi vittime di questa società tra cui il "Povero Ragazzo" tradito dalla sua donna con forse proprio il suo migliore amico: "Povero ragazzo, io sono con la donna che tu ami e un tempo amavo ma vorrei morire piuttosto di sapere che stasera la stai piangendo". Personaggi che condividono in parte la stessa sofferenza di Vecchioni come per esempio il "poeta figlio illegittimo" protagonista della title track al quale un padre - padrone (creatore di tutto e che non sbaglia mai) che lo definisce un "infame parolaio", nega perfino di frequentare la donna che lui ama, privilegiando invece il figlio legittimo, "ragioniere", al quale tutto è dovuto.
Un padre capace addirittura di condannare il figlio "poeta" : "Per il mondo ch'è mio ti maledico, avrai vent'anni tutta la vita, ma non potrai che amare Margherita".

La storia di "poeta" continua poi con "Io non devo andare in via Ferrante Aporti" simpatica canzone in cui il protagonista fa di tutto per non trovarsi faccia a faccia con il fratellastro. Con un musica molto ritmata per dare il giusto senso di ironia alla canzone.
In "Improvviso Paese" troviamo invece un Vecchioni che decide di prendersi un pò di vacanze e di andare a trovare un suo amico militare ma per uno strano scherzo del destino ripiomba in un paese della sua infanzia dove un tempo il sogno, la speranza, la fiducia di un mondo migliore erano ancora vivi:

"ed era il tempo che ci credevo
a questo schifo di mondo cane
avevo tutto, ti sorridevo
adesso è tardi per ritornare
ma mi rivedo com'ero all'ora
senza promesse da mantenere
senza persone da sviolinare
e te che sei stata il solo amore;
e all'improvviso qui grida il sole
non è settembre di aver trent'anni
e luglio come quando credevo
che tu m'avessi dato l'amore"

In "questo schifo di mondo cane" non c'e da stupirsi se qualcuno sceglie come via di fuga un gesto estremo come il suicidio narratoci in un mix di tristezza e malinconia in "Lui s'è ne andato"

"Poteva almeno andarsene in un giorno di sole
poteva far rumore come sempre
poteva non lasciare solo me e la sua paura
poteva dirmi col dolore ho chiuso questa sera"

Il tema di desiderio di suicidio è espresso in maniera molto ironica anche in canzoni come "Per la cruna di un ago" e "Cambio Gioco" dove si rimarca ancora il concetto della difficoltà di fare canzoni rimanendo coerenti con le proprie idee e senza cadere di conseguenza nel commerciale:

"La pallina gira a vuoto, il mio numero non c'è
quasi quasi cambio gioco, tutta colpa dei croupier.
Giocherò con la pistola come quando ero cowboy
solo invece che alle vacche
sparerò fra gli occhi miei. "

Il disco si presenta di piacevole ascolto, tenendo conto che siamo agli inizi, e la poetica di Vecchioni è di alto livello anche se non perfettamente definita come avverra invece in dischi come "Ipertensione" ed "Elisir". Pure la musica ci riserva arrangiamenti per lo più scarni, anche se è da brivido il piano in "Luci a San Siro" che riesce a dare il senso di tristezza e malinconia che evoca la canzone, così come la chitarra in "Povero Ragazzo", ma perlopiù fanno da accompagnamento al pathos che riesce a creare la voce di Vecchioni. Gli arrangiamenti verranno man mano sempre più curati nei successivi dischi di Vecchioni fino a raggiungere picchi come in "Samarcanda" e "Calabuig".

Carico i commenti...  con calma