"E i sogni, i sogni... i sogni vengono dal mare, per tutti quelli che han sempre scelto di sbagliare"
Più di venti anni dopo, il passo è breve: "...lasciali dire che, al mondo, quelli come te, perderanno sempre..."
Che tipo di album è questo? Quanto c'è di musica e quanto invece di poesia, e perché no, di filosofia?
Stando ad una ricostruzione frettolosa, si direbbe che il sogno è la chiave di lettura per tutte le canzoni, e che questo album è uno dei pochi episodi in cui Vecchioni costruisce quasi un 'concept-album'. Non mancano i marchi di fabbrica vecchioniani: situazioni personali ('Vedrai'), profili 'mitici' ('Canzone per Alda Merini') e l'immancabile ambiguità del doppio, che qui è data un pò per scontata: è la vita ad essere doppio, reale e sogno.
Senza fermarmi troppo sui brani, che sono straconosciuti, voglio evidenziare che questa volta non troviamo riempitivi, o brani minori (almeno non nettamente), l'album è costruito molto bene, si presta ad essere ascoltato, studiato ed amato. Una volta segnalata l'assenza di brani minori, avviso invece della presenza di perle da scovare, per me questo album presenta almeno quattro brani fondamentali per il Prof. che non sto qui ad elencare, in quanto credo che ognuno abbia un rapporto personale con una canzone. L'album è stupendo, chiede solo di essere capito: non era la prima volta che lo ascoltavo, anzi, forse lo conoscevo già a memoria, quando, una sera, ho cominciato a leggere meglio tra le sue righe, ed a trovare grandi situazioni dietro frasi, parole, che prima mi sembravano messe lì per fare buon viso al cattivo gioco della rima; mi ricordo che, quando mancavano ancora 4,5 brani per completare l'ascolto, mi fermai, presi un pezzo di carta e buttai giù delle considerazioni. Mi sentivo pieno, enstusiasta per come tutte quelle parole mi sembrassero belle e corressero tutte per tante direzioni diverse, spesso oscure, ma che a volte mi facevano ascoltare anche stralci della mia stessa storia personale, intima. Insomma, non sono cose che ti aspetti da tutti gli album che ascolti.
E così il discorso va avanti, vita e sogno, l'una di fronte all'altro. La realtà e le illusioni: quanto è vero ciò che è esiste? e quanto non esiste, ma è comunque percepito? Ho sognato di vivere, e la Vita "...non sembrava che passasse, non sembrava un'illusione, ma tu vedi un pò che scherzi fa, che scherzi ti può fare la suggestione!"
E lo stesso l'amore, neanche lui scappa dal processo, il Prof. vuole vederci più chiaro, e lui che ha sempre cantato un amore ideale, sensoriale, astratto e iperbolico si trova a mettere i piedi per terra, "...mi batterò per te con un esercito d'idraulici, condomini, dentisti, rompipalle e bottegai..." ma soprattutto "...mi coprirò delle ferite della noia, quelle che nessuno vede, e non sanguinano mai...". Perché poggiare i piedi a terra, anche in amore? "Perchè volare da soli è solamente un'illusione", allora "è più difficile spostare l'esistenza, un pò più giù del cielo, e diventare un uomo".
Chiudo con l'ultimo brano, che fa parte di quella "saga" su cui il Prof. scriverà un paio di canzoni splendide, cioè il rapporto Dio-Uomo. Stando al parere di Dio, la Vita umana non ha poi tutto questo significato: "Cosa ci stanno a fare al mondo?! Niente. Amano." E qui diciamo che Vecchioni mette la sua firma su un verso che altrimenti sarebbe potuto sembrare cinico e nichilista: amano, tutto qui.
Ma il problema è serio, perché il rapporto Dio-Uomo non è semplice, le differenze sono tante: noi viviamo, Lui "è"; noi siamo tanti, Lui solo; noi lo cerchiamo e proviamo ad assomigliarGli, lui si nasconde ed è indifferente.
"Ma la tua testa non vien fuori dalle nuvole..." Alla fine il problema è tutto qui, non possiamo conoscerlo e rimane una parte di ciò che è ignoto e che possiamo amare o temere, o anche ritenerlo incompatibile con la nostra esistenza terrena ed il suo significato. Vecchioni non ha risposte, ma il suo inguaribile ottimismo chiude il disco, manifestandosi anche di fronte alla paura più grande per l'uomo.
"...se alla fine del viaggio nessuna delle tue stelle non ne avrà più memoria, perché i baci, gli abbracci, gli addii, sono la nostra storia!"
Insomma, è un prepotente orgoglio umano, di ciò che è terreno e di ciò che lo è meno. Il disco è scritto e cantato da un uomo, per un ascoltatore uomo, non Dio. E Vecchioni parla dell'uomo, della paura e fondamentalmente del modo di arginarla e contrastarla, di sentirsi grandi per quanto siamo invece minuscoli. E allora realizzare un amore, crescere, inseguire un sogno, parlare ad un Dio che neanche ti ascolta, sono cose che forse non portano a nulla, "senza senso, di nessunissima importanza", però è quello che abbiamo. Il sogno di vivere è la nostra ricchezza, per alcuni, la nostra condanna, per altri.
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