Personalmente i revivalisti non mi sono mai andati tanto a genio: capirai, mi son sempre detto, che gusto ci troveranno nel rifare lo stile di altri? Che abilità particolare sfoggeranno nel modellare la loro musica su standard già sentiti e risentiti un milione di altre volte? E, soprattutto, che coraggio hanno per chiamare la loro musica "alternativa", dal momento che si rifanno a generi di successo proprio per conseguire anche loro lo stesso successo? Queste e mille altre cose mi chiedevo..

Ma poi, una mattina, ho visto una copertina troppo accattivante affacciata alla vetrina del mio negozio di dischi abituale.. sembrava chiamarmi, sembrava che volesse ad ogni costo farmi notare la sua presenza... entrai e presi il ruffiano oggetto.. lo guardai, lessi lentamente "rocket from the crypt.... circa now".. mah.. il nome del gruppo non mi convinceva più di tanto.. però ormai quella terribile copertina coloratissima mi aveva ammaliato.. Inutile dirvi che alla fine cedetti e lo acquistai..

A casa lo inserii subito nel lettore, pieno di innocente curiosità "A giudicare dalla copertina, questi fanno techno.. house.. qualcosa del genere" pensai..

Invece.. primo accordo, primo riff.. pian piano quella realtà musicale sconosciuta assume una forma definita nella mia stanza.. "Oh! E' hardcore anni 80! Ma di che anno è? Oddio, '92.. vuoi vedere che mi sono capitati i soliti revisionisti del punk scontati e commerciali tipo Green day o roba simile.." Ebbene, mi accorgo subito di QUANTO mi sbaglio! La prima traccia, "Short Lip Fuser" diventa subito il mio personale capolavoro del post-punk: un riff continuo e granitico e una voce tanto accattivante quanto grintosa si stagliano su un adorabile motivetto orecchiabile, che muta sempre forma senza che tu te ne accorga, preso come sei a ballare incessantemente per la stanza.. ben presto concludo che mai nessun altra canzone riuscirà così bene a fondere melodia e furore...

Dopo questo primo felicissimo episodio tra me e me dico "Ok, questa può anche andare.. ma sono sicuro che adesso prenderanno di qui alla fine a suonare brani noiosissimi triti e ritriti".. e continuo a sbagliarmi, per fortuna! Perchè "Hippy Dippy Do", pur nella sua semplicità, cita molto, accidenti se cita, e COSA cita: grunge, musica surf, jazz, emocore.. "altro che revisionisti da quattro soldi" comincio a pensare sempre più convinto! E continuo a restare allibito dinanzi ad una traccia come "Ditch Digger" che inizialmente ha un andamento barcollante, ma poi è quasi classicistica nel ritornello. La voce filtrata da un megafono, lo ammetto, fa pensare un pò a Billie Joe (sic!), ma è fuori discussione che l'andatura da filastrocca, unita alla carica emozionale strabiliante delle chitarre na facciano un altro pezzo da novanta...

Sempre più entusiasta assaporo le rimanenti tracce con la convinzione sempre più definita di stare ascoltando un autentico capolavoro: "Don't Darlene" ricorda leggermente "Territorial Pissing" dei Nirvana con quell'incedere a rotta di collo del ritornello.. "Hairball Alley" risente, non so perchè, del feeling quasi di uno Springsteen un pò incazzoso.. è la traccia più "cantautorale" del lotto. "Sturdy Wrists" inzia con una fanfara caotica e assordante di sax per poi sfociare in una melodia ampiamente coperta dallo stesso strumento. Ed è troppo bella "March of Dimes", la quale potrebbe stare benissimo, tolto l'assordante contorno chitarristico, in un album di Lennon e McCartney. "Dollar" si apre con l'aiuto di un coretto da stadio che si dissolve pian piano per far emergere una struttura leggermente "emo-core" (i Drive Like Yehu si sentono, eccome se si sentono... ! Tant'è vero che il chitarrista John Reis proviene proprio da quel gruppo).

Il mio padiglione auricolare si appresta così a deliziarsi con l'ultima gemma: "Glazed" è un camaleonte in musica; parte con il solito megafono, prosegue con la solita baraonda di sassofono a delineare i contorni di un puro beat dell'era Clinton e termina, dopo mille avvolgimenti su se stesso, con un finale del tutto inaspettato: un giro di basso continuo e incessante al quale si aggrappa un unanime coro : "Take Back" (o almeno così mi sembra, non esistono lyrics di questa band), che sembra davvero andare avanti all'infinito. E l' "ompa-ompa" sempre più accelerato di accompagnamento ricorda moltissimo l'"Everybody's got one" del finale della "I'm the warlus" beatlesiana..

Quando il supporto metallico termina la sua corsa in testa mi rimane la sensazione di una piacevolissima esperienza e una nuova consapevolezza: "I revivalisti? Grandissima gente!"

P.S.: consigliato vivissimamente a chi crede che il punk sia solo marciume, tristezza e disperazione...

Carico i commenti...  con calma